Sulla prima pagina del Sole-24 Ore di oggi e sulla home page del sito potete leggere di una sentenza che potrebbe essere l’inizio della fine per i rilevatori automatici di passaggio col rosso. A pochi giorni dall’ultima sentenza con cui li legittimava per l’ennesima volta (leggete il post di Natale), la Cassazione adesso pare stangarli senza appello, stabilendo che ci vuole sempre un agente. Così non si capisce come mai nel 2003 il Dl 151 di modifica al Codice della strada si sia preso la briga di disciplinare espressamente anche i controlli automatici ai semafori. Né si capisce perché la Cassazione abbia citato la norma precedente (articolo 384 del Regolamento di esecuzione del Codice).
Per la verità, non è la prima volta che questo povero Dl 151 viene bistrattato sul punto. Avevano cominciato i Comuni, pretendendo di fare i controlli automatici anche nel periodo in cui non c’erano le condizioni per farli previste dal Dl (ossia prima che gli apparecchi venissero riesaminati tutti per riomologarli specificamente per l’utilizzo senza agenti, cosa avvenuta solo il 18 marzo 2004), cosa che all’epoca provocò uno scontro col ministero dell’Interno. Ora è il turno della Cassazione, che deposita una sentenza dove è forte il sospetto di errori non lievi (tanto che attenderei le prossime sentenze per capire se davvero i supremi giudici sono contro i Comuni, tanto su queste materie i verdetti di solito si susseguono nel giro di pochi giorni). Più o meno come ne fece tre anni fa un ufficio del ministero stesso quando scrisse che i controlli ai semafori si potevano fare solo dove dice il prefetto (confondendosi clamorosamente con quelli di velocità).
Qualcuno dice che, stavolta, gli errori della Cassazione possano essere stati “voluti” per mandare un segnale contro gli abusi da parte dei Comuni. Non so se sia vero, ma di certo sotto accusa ci va il ministero delle Infrastrutture: si sollevano dubbi sull'efficacia degli apparecchi omologati, sui cui requisiti il ministero e il Consiglio superiore dei lavori pubblici hanno lavorato: Se la Cassazione avesse voluto rovesciare il tavolo, sarebbe anche il segnale di un’altra grave patologia: se una norma non va, si proponga di cambiarla (riscrivendola bene) e si faccia votare il Parlamento. E invece nulla, tanto che addirittura si lascia spazio a un presidente di Regione (il veneto Galan) per raccomandare ai Comuni di alzare ad almeno ben otto secondi il tempo del giallo (e chi sconfina in Lombardia poi come si regola?). Basta: sarebbe ora che il Governo riprendesse il controllo della situazione, con una direttiva. Come ha fatto ad agosto per gli autovelox. Certo, poi spesso le direttive non le rispetta nessuno (non c’è sanzione), ma almeno noi giornalisti potremmo spiegarvi come dovrebbero effettivamente funzionare semafori e controlli.