La stampa ai tempi della crisi: emozioni e marchette

Se le riviste di auto escono con articoli poco ragionati come quello di cui vi ho scritto ieri nel post precedente a questo, non mi sembra un caso. Da anni nel settore c'è una certa tendenza a giocare con le emozioni della gente. Il che significa giocare molto con le parole per descrivere le sensazioni di guida delle vetture che si provano (magari tacendo su questioni più razionali con cui poi i lettori avranno a che fare nella vita quotidiana) e trattare argomenti seri il meno possibile e senza essere ansiogeni anche quando c'è da esserlo (si arriva a "forzare" i titoli di articoli pessimistici facendo credere che al brutto di cui si occupano ci sia un rimedio anche quando non c'è oppure si affronta un problema strizzando – con le dovute cautele – l'occhio ai furbetti interessati a quei problemi per trovare pretesti o scappatoie per farla franca). Ammetto che questo giornalismo non mi piace, ma non è questo il punto: mi rendo conto che, se la gente vuole questo, la strada più facile e praticabile per un direttore e quella di dargli questo. Anche perché agire così ha in apparenza poche controindicazioni: consente di riempire pagine senza spendere i soldi che servono per inchieste approfondite e ben raramente urta davvero la sensibilità di un inserzionista pubblicitario o di un potente.

Ma dovete sapere che in questi mesi nelle redazioni succederanno cataclismi. Anche se nessuno vi avverte, a inizio 2010 potreste andare in edicola e non trovare la vostra rivista, perché ha chiuso. O trovarla e scoprire che il suo organico è stato sensibilmente ridimensionato, a dispetto dei lustrini che vi fanno vedere la grafica e gli articoli in cui si parla di se stessi. Insomma, nei prossimi mesi le riviste vi daranno ancora emozioni, ma di altro tipo…

E allora mi resta il dubbio che negli anni scorsi ci si sia voluti concentrare sulle cose più facili, che nell'immediato comportano meno sforzi, risparmi nei costi e maggiori introiti pubblicitari, a scapito di cose di maggior qualità che forse avrebbero contribuito a conservare qualche lettore in più nonostante la crisi. Mi manca la controproiva, ma dati i risultati che abbiamo sotto gli occhi l'ipotesi sembra lecita.

Nel frattempo, si reagisce alla crisi nei soliti modi: tagli e salti mortali per raccogliere pubblicità dai costruttori d'auto. Non solo nelle riviste di settore, ma anche nei giornali qualsiasi (anche "altolocati"), perché le case automobilistiche sono storicamente tra le aziende che spendono di più per l'immagine. Così capita che si pubblichino pagine con testi pubblicitari camuffati da articoli giornalistici e si adottino sanzioni disciplinari (ovviamente con qualche pretesto) contro chi si oppone. Nessuno ve lo racconterà mai, ma le cose stanno così. Vi prego di apprezzare la franchezza di chi le scrive e di pensare che nel mondo dell'informazione c'è ancora gente che cerca di fare il suo dovere per bene. Non è facile individuarne l'opera, ma c'è e solo questo dà ancora un senso al recarsi in edicola. Forse più delle polemiche sulla libertà di stampa, centrate solo su Berlusconi, Repubblica, Travaglio, le liti tra megadirettori su chi ha pietito cosa a Berlusconi e poco altro. Cose importanti, per carità. Ma un po' estranee alla vita quotidiana sia di chi scrive sia di chi legge.

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