Mi chiedono chiarimenti sul post dell'altro ieri sui controlli di velocità in città, che ora vengono invocati e strombazzati, mentre io ho scritto che praticamente non si possono fare. A parte la colpevole imprecisione che ho commesso sulla distanza minima che ci deve essere tra cartello di presegnalazione e apparecchio (l'ho già ammessa nel rispondere al lettore che me l'ha fatta garbatamente notare, leggete i commenti a quel post), confermo tutto.
In particolare, mi hanno fatto notare che il comandante dei vigili di Roma avrebbe detto al Corriere della Sera di voler piazzare i 22 Autovelox mobili oggi in dotazione, montati di volta in volta a bordo strada, in altrettante postazioni fisse, aggiungendone poi tre, sempre fissi. Bene, la legge 168/02 non autorizza sulle strade urbane ordinarie i controlli fatti con apparecchi non presidiati da agenti. Il comandante, stando al Corriere, cita un elenco di strade "papabili" ed evidentemente si riferisce ad arterie classificate come "urbane di scorrimento", sulle quali la legge 168/02 ammette i controlli automatici, ma che comunque nelle città italiane (disegnate perlopiù a misura di carrozza prima e di palazzinaro poi) sono una piccolissima parte del totale delle vie. Nell'elenco fatto dal comandante per Roma, accanto ad arterie a me note come la Tangenziale Est e la Colombo, ce ne sono altre (http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/09_settembre_8/dove_nuovi_autovelox-1601746038539.shtml) che non ho percorso tanto e quindi non posso dire di conoscerle. Diamo quindi per buone le parole del comandante, ammettendo che tutte abbiano le caratteristiche per essere classificate come urbane di scorrimento (fondamentalmente, devono tutte avere lo spartitraffico centrale, almeno due corsie per carreggiata e semafori per tutti gli incroci, tre cose piuttosto rare da vedere assieme).
A questo punto, il problema diventa che il Lungotevere e le altre strade dove ci sono stati gli incidenti mortali di cui più si è parlato di recente a Roma non sono classificate come di scorrimento, quindi niente postazioni fisse. A meno di metterle lo stesso come deterrente e tenerle accese solo quando è disponibile una pattuglia di vigili per presidiarle e – possibilmente – fermare subito i trasgressori. Ma, in una città con tanti avvocati come è Roma, temo che la verità si saprebbe presto in giro e quindi l'effetto deterrente svanirebbe, mentre qualche bullo andrebbe a scassinare le postazioni per portarsi via gli apparecchi o comunque per far danni (succede non di rado in tutta Italia).
In definitiva, forse a Roma 25 postazioni sono un po' troppe per le strade urbane di scorrimento, soprattutto se – stando a come mi sono state riportate le parole del comandante, ma non mi stupirebbe se ci fossero stati fraintendimenti – si decidesse di schierare lì l'intera dotazione, lasciando sguarnito tutto il resto della città.