Ora vi parlo della silenziosa guerra che si sta combattendo da più di un anno sul fronte del soccorso stradale. Posta in gioco: la possibilità di operare in autostrada, col giro d'affari che ne consegue.
Ve ne parlo perché sicurezza stradale significa anche essere assisititi da carri attrezzi che arrivano rapidamente e sono manovrati da gente competente. Gente che sa come piazzarsi in modo da poter recuperare il vostro veicolo minimizzando il rischio che qualcuno sopraggiungendo vi piombi addosso (per distrazione, velocità eccessiva, sonno, alcol, droga, scarsa visibilità e chi più ne ha più ne metta).
Per questo l'articolo 175 del Codice della strada dispone che in autostrada il servizio dei carri attrezzi sia riservato solo agli autorizzati dall'ente proprietario. Che fissa un capitolato con i requisiti da rispettare (fondamentalmente, impone di avere un'officina ogni tot chilometri in modo da assicurare l'arrivo del carro attrezzi entro un tempo massimo, variabile secondo che si debba soccorrere un mezzo pesante o uno leggero). Non ci sono però particolari disposizioni sulla preparazione del personale, tanto che da almeno 15 anni la questione, sollevata soprattutto dall'Ancsa (importante associazione di imprese di soccorso, che organizza propri corsi), si va trascinando.
Molto più effervescente la situazione del soccorso dal punto di vista economico: dopo poco più di dieci anni di sostanziale duopolio Aci (116)-Europ Assistance (Vai) instaurato quando l'Antitrust scardinò il monopolio Aci, lo stesso Garante della concorrenza un paio d'anni fa è tornato a scompaginare tutto: partendo dal fatto che le concessionarie autostradali (nel procedimento sono state coinvolte Autostrade per l'Italia, la sua controllata Strada dei Parchi, quella della Roma-Abruzzo, oltre all'Anas, all'associazione di categoria delle concessionarie Aiscat, Aci Global ed Europ Assistance) si fanno pagare dai soccorritori un diritto per finanziare la sala radio che smista le chiamate e che i due operatori del soccorso praticano tariffe pressoché allineate ai massimi concordati in sede Aiscat. Sotto la minaccia delle sanzioni Antitrust, nel marzo 2008 i soggetti chiamati in causa si erano impegnati – ognuno per quanto di propria competenza - ad abolire il contributo sala radio e, soprattutto, a rimettere a gara le autorizzazioni con un regime molto frammentato: bandi per tratte molto piccole e distinti tra mezzi leggeri e pesanti, per cui nell'ambito di un centinaio di chilometri della stessa autostrada potremmo trovarci anche sei organizzazioni di soccorso differenti.
L'Antitrust, ritenendo tale frammentazione un indice di concorrenza e quindi idonea ad abbassare le tariffe del soccorso, è rimasta "soddisfatta" e ha chiuso l'istruttoria. Ma all'inizio di quest'anno Europ Assistance ha quasi sconfessato gli impegni che aveva assunto con l'Antitrust, ricorrendo al Tar del Lazio contro il provvedimento con cui il Garante li ha recepiti chiudendo il caso. L'Ancsa si era inserita nel giudizio, perché ritiene che un sistema così frammentato garantisca ancor meno la professionalità degli operatori che vi entreranno. A maggio il Tar ha praticamente fatto a pezzi il provvedimento, sostenendo che l'Antitrust è andata ben oltre le sue competenze, adottando misure non proporzionali alla situazione e introducendo di fatto un sistema di concessioni anziché di autorizzazioni come prescrive l'articolo 175 del Codice.
I giuristi restano in attesa di vedere se ci sarà un controricorso al Consiglio di Stato, ma la quantità di rilievi mossi dal Tar Lazio sembra tale da sconsigliarlo. Noi utenti aspettiamo un sistema in cui tutti gli operatori siano qualificati (e seriamente, non solo perchè hanno in tasca un patentino, come spesso succede in Italia).