La doppia bufala della sentenza sul Telelaser. Certificata, però

"Tempi duri, anzi durissimi per chi non rispetta i limiti di velocità", ha appena sentenziato il Tg2 tirando fuori una delle frasi più consunte di quello che io chiamo "il prontuario del cronista". Ma questo non è solo un esempio di scarsa fantasia, bensì una vera bufala. Me l'aspettavo dalle tre e un quarto di oggi pomeriggio, quando l'Ansa ha battuto la notizia di una sentenza di Cassazione che ha confermato la multa fatta a Catanzaro col Telelaser a una coppia calabrese che poi ha presentato ricorso.

Secondo i miei incolpevoli colleghi dell'Ansa, costretti a occuparsi di tutto come se avessero arti divinatorie, la notizia starebbe nel fatto che la Cassazione con questa sentenza ha stabilito che:

– non ci vuole il cartello di preavviso per controllare la velocità e gli apparecchi possono essere nascosti;

– i controlli si possono fare anche sui tratti stradali non previsti dal prefetto.

Peccato che:

– la sentenza si riferisca a un'infrazione commessa il 12 agosto 2004, mentre dal 4 agosto 2007 il decreto Bianchi ha reso obbligatori i cartelli di preavviso e imposto di rendere visibili gli apparecchi, per cui tutti i controlli effettuati da quest'ultima data devono rispettare queste regole;

– era già pacifico che la velocità potesse essere controllata ovunque, perché la legge 168/02 (evidentemente invocata dai temerari automobilisti), che autorizza i controlli solo su autostrade, strade extraurbane principali e – solo nei tratti autorizzati dal prefetto – sul resto della viabilità extraurbana, si riferisce solo a quelli per i quali si esclude di fermare subito il trasgressore (anche con apparecchi non presidiati da agenti), quindi se si fa un appostamento tradizionale si possono fare multe anche in città (eventualmente anche con mancato fermo, se si dimostra che c'era un valido motivo contingente e lo si scrive sul verbale). Peraltro, lo dice dal 3 ottobre 2002 una direttiva ministeriale che ha interpretato la legge 168 allora appena uscita, quindi la Cassazione non ha inventato nulla.

Morale: giovedì sono stato a un convegno dove un bel po' di direttori ed editori di giornali rivendicavano il loro primato sulle bufale che circolano su internet, messe da non giornalisti. "Informazione certificata", la chiamano. Questa vicenda e altre di cui vi scrivo man mano su questo blog dimostrano invece che non di rado sono "bufale certificate". Sveglia, colleghi e signori editori! Investiamo in formazione o non ci sarà più bisogno di noi.