Storie di viadotti: l’Italia migliore e quella peggiore

L'Abruzzo, con tutte le montagne che ha, basa la sua viabilità sulle autostrade, che ovviamente sono piene di viadotti. Ebbene, su alcuni di questi il terremoto ha provocato "scalini" anche di mezzo metro fra un troncone e l'altro, ma i tecnici hanno fatto miracoli e la circolazione è stata ripristinata quasi subito. Sulla Piacenza-Brescia, invece, i terremoti sono improbabili (tanto che lì vicino ci avevano fatto la centrale nucleare di Caorso), ma si sono preoccupati di mettere una rete di sensori sui viadotti: non fanno finta di ignorare che il cemento armato ha una vita utile di circa settant'anni, per cui il problema comincerà a porsi tra una decina d'anni.

Ma a pochi chilometri di distanza, a Piacenza, il 30 aprile è crollata una campata del ponte Anas sul Po. Oggi, invece, c'è stato un secondo crollo in pochi giorni sull'ultimo viadotto della Caltanissetta-Gela, sempre Anas. Casi isolati, anche se gravi? Lo speriamo tutti, anche perché l'Anas ha gente di assoluto valore. Ma viene in mente innanzitutto il meccanismo spesso distorto degli appalti, dove vince chi offre ribassi eccessivi, senza contare gli episodi di corruzione e infiltrazione della criminalità. Poi c'è la polemica sulla manutenzione stradale sollevata un paio di mesi fa dalla Fondazione Guccione (e mai finita sui grossi circuiti mediatici), cui l'Anas rispose a brutto muso negando che ci siano carenze e rivendicando molti investimenti. Anche la Finco, la filiera delle imprese del settore manutenzione aderenti a Confindustria, ha almeno qualche dubbio sulle tesi dell'Anas e non da ora. Forse qualche chiarimento in più ci vorrebbe.