L’Aquila, Italia: segnali perfetti, sirene mute e riunioni rapide. Ci voleva proprio il terremoto?

Quello d'Abruzzo non è stato "solo" un terremoto nel senso vero della parola: pare aver sconvolto anche le cattive abitudini di gestori di strade e forze dell'ordine. Me lo ha raccontato, con tanto di foto, l'amico Paolo Giachetti, che è già stato lì un paio di volte per dare una mano assieme a tanti altri suoi colleghi delle Polizie locali.

Ebbene, dopo la tragedia, si sono precipitati a mettere segnaletica provvisoria nei punti diventati pericolosi per frane o parziali cedimenti della carreggiata; eppure da decenni nell'Italia non terremotata ci sono strade ridotte peggio e non segnalate. Addirittura, sull'autostrada hanno messo fior di cartelli per indicare come raggiungere i vari centri operativi della Protezione civile (guardate questa foto).

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E dire che a Roma ai tempi del Giubileo si faticava persino a trovare cartelli che indicassero la strada per raggiungere il centro città. A Roma, non in qualche paesino sperduto.

Ma forse la sorpresa maggiore è venuta dalle forze dell'ordine: Paolo è abituato al traffico fiorentino, che non è il più caotico d'Italia ma già è pieno di sirene. Quindi lo stupisce il fatto che, in una terra dove tutti sono in emergenza, il dispositivo-principe di emergenza (la sirena, appunto) si usi quasi per nulla. Segno evidente che la tragedia del sisma ha provocato un senso di rispetto per il prossimo ormai largamente desueto nel resto d'Italia. E fonti tanto autorevoli quanto anonime mi confidano che in quest'emergenza si prendono decisioni importanti in riunioni rapide e concrete, quando per questioni più minute nella normalità romana sono necessari più incontri, più simili a messe cantate.

Ci vuole proprio un terremoto per diventare tutti migliori?