Attenzione: sui percorsi cicloturistici trovate anche le auto. Ed è legale

Finalmente una buona notizia, almeno così pare. Viene dall'hinterland milanese, dove finalmente ci sarà una rete di percorsi ciclabili (Scarica Schema parchi Scarica Comunicato presentazione progetto 4 parchi su due ruote (si allega immagine) ). Una rarità in Italia: all'estero hanno addirittura riutilizzato ferrovie dismesse per permettere ai ciclisti di fare anche centinaia di chilometri consecutivi senza imbattersi nel traffico normale. Ora il problema è proprio questo: si riuscirà davvero a fare altrettanto nel Milanese? Tra i pochi itinerari ciclabili già ricavati in Italia, non mancano casi di pericolose "contaminazioni": ci sono strade classificate come percorsi cicloturistici che non sono chiuse al traffico normale.


I cartelli che riportano questa classificazione, infatti, non incorporano i segnali di divieto di transito per gli altri veicoli. Ma molti ciclisti potrebbero equivocare, pensando di fruire di un percorso riservato. In caso d'incidente, quindi, potrebbero avere anche torto. Comunque, se anche i divieti ci fossero, si rischierebbe lo stesso: v'immaginate automobilisti e trattoristi che li rispettano, sapendo di viaggiare in aperta campagna, dove mai nessuno li multerà? L'unico modo per limitare i danni, dunque, è mettere in guardia i ciclisti.

  • Giuliano Gavazzi |

    Non capisco l’obiezione al punto 1. Io mi riferisco a un’attitudine, quella dell'”unico modo per”, che esclude la possibilità di curare il problema alla radice, e cioè coll’educazione, soprattutto, e la punizione. I numeri quindi non contano. Quello che hai espresso, anche senza volerlo, non è realismo o pragmatismo, ma il solito passare la responsabilità dal chi fa la violenza alla vittima. Non è stato attento…eh.. così va la vita…
    Non capisco nemmeno il punto 2. So che non parli di piste su strade principali cittadine (che se non ce ne fossero, di piste, sarebbe meglio, ma questo è un altro discorso), però se su tali stradine di campagna si corre il rischio di incidente è perché troppi automobilisti sono ignoranti. Come ignoranti sono quelli che credono che 50 orari su una strada di città siano sicuri perché nel limite formale.
    [risponde Maurizio Caprino] Sul punto 1, ne facevo una questione di numeri: per fortuna gli stupratori sono statisticamente un’anomalia, i guidatori indisciplinati sono la norma (sempre in senso statistico).
    Sul punto 2, il fatto è che queste piste “semiciclabili” sono state “immaginate” per fare bella figura con cicloturisti abituati a ben altro. E si trovano in posti dove gli “indigeni” tutto si aspettano tranne che di trovarsi una bici dietro a un muretto e i vigili sono due per ogni Comune, quindi presumibilmente mai di servizio su quelle stradine. Come applichiamo le sanzioni in tali condizioni? Senza contare che il cicloturista che non conosce bene i segnali (o, ancora meglio, che ormai non sa più interpretarli perché sono diversi in ogni parte d’Italia) può essere indotto a pensare di essere su sede stradale a lui riservata, il che non solo non è vero ma può comportare anche concorso di colpa in caso d’incidente. Quindi il mio avvertimento al cicloturista non è “attento che ti investono anche quando hai ragione”, ma “attento che qui ci trovi anche gli altri e non hai alcuna priorità su di loro”.

  • Giuliano Gavazzi |

    Caro Maurizio, sino a che si ragionerà così:
    (…) se anche i divieti ci fossero, si rischierebbe lo stesso: vi immaginate automobilisti e trattoristi che li rispettano(…)? L’unico modo per limitare i danni, dunque, è mettere in guardia i ciclisti.
    non arriveremo da nessuna parte. Forse secondo te le donne devono stare chiuse in casa per evitare violenze? (o devono uscire di casa, ma senza gonne corte!, per evitare quelle domestiche?…) Questa mentalità di trasferire l’onere (e a volte anche un concorso di colpa) sulla vittima è purtroppo molto diffuso, in certi casi anche all’estero, soprattutto quando fa comodo alla moltitudine. Sulla vittima non basta che gravino le conseguenze degli atti irresponsabili degli aggressori, bisogna anche aggiungere la limitazione ai suoi diritti fondamentali?
    Sono appena sceso in strada dove ho visto un furgoncino che per prendere il semaforo verde a cento metri, ha accelerato e sorpassato un ciclista a mezzo metro e oltre i 60km/h. Qualche minuto più tardi una signora ha fatto inversione a U ignorando l’arrivo di una ciclista per poi fermarsi in divieto di fronte alla stessa. Sono reduce dalla lettura di un manualetto Hoepli per il patentino ciclomotore. Una serie di follie diseducative, compresa una caratterizzazione generalizzata dei ciclisti che meriterebbe una querela.
    Purtroppo questi comportamenti distratti o criminali non sono nemmeno chiaramente stigmatizzati dal Codice della Strada, che anzi pretende dai ciclisti comportamenti spesso contrari alle più semplici regole di sicurezza (uso obbligatorio delle piste ciclabili esistenti, marcia vicino al ciglio della strada, etc). Mi pare che in un futuro non lontano siano previste modifiche alla legge, ma non nutro speranze visto il malpensiero imperante e l’assenza di un dibattito.
    Buona giornata.
    [risponde Maurizio Caprino] 1. Il paragone con le violenze sulle donne mi pare forzato: sono di più i maschi che commettono violenze o i guidatori che mettono in pericolo i ciclisti?
    2. Non si sta parlando di piste costruite come tali su strade principali di grandi città, ma di stradine di campagna improvvisamente denominate “percorso cicloturistico” (senza che ci siano alternative per il traffico locale) e caratterizzate da carreggiata angusta e scarsa visibilità (muretti a secco), per cui l’incidente si rischia anche contro un altro veicolo a motore. Ovviamente le conseguenze per chi va in bici (me compreso, adoro pedalare lì) sono molto peggiori.

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