Parte in questi giorni la nona edizione di Icaro, il programma di educazione che la Polizia stradale porta nelle scuole in collaborazione con vari soggetti tra cui ministero dell'Istruzione, Università La Sapienza e Fondazione Ania. Scritta così, sembra la solita notizia insignificante sull'ennesima iniziativa inutile. Ma non è così: è una delle pochissime volte in cui si fa un programma di educazione stradale pensato davvero in modo serio.
Infatti, è dalla settima edizione che il dipartimento di Psicologia de La Sapienza ha messo a punto un progetto che consente di valutare gli effetti di Icaro sui ragazzi cui si rivolge. E' una cosa seria, che descrissi nell'articolo del 3 dicembre 2007 riportato qua sotto. Qui aggiungo che i risultati di Icaro hanno indotto le autorità italiane a perseverare nel non far vedere ai ragazzi immagini scioccanti di incidenti stradali: a quell'età ci si sente comunque invulnerabili, meglio sensibilizzare con strumenti più sofisticati come il convincere i ragazzi che fanno da leader nelle loro comitive (in modo che trasmettano il messaggio agli altri) e organizzare esperienze più coinvolgenti come giochi di ruolo concepiti apposta e proiezione di cortometraggi in cui si montano spezzoni di film noti.
Tutte queste esperienze richiedono però che ci sia un adulto ben preparato a guidarle: ogni volta c'è da capire che atteggiamento hanno i ragazzi che ci si trova di fronte e scegliere tra i vari "attrezzi" del set di giochi preparato dagli esperti de La Sapienza. Per questo, a metà dicembre la Stradale ha riunito nella Scuola di polizia di Spoleto (Perugia) un bel po' di poliziotti e, almeno nelle intenzioni, insegnanti (ma erano davvero pochi, probabilmente causa carenza di fondi da parte del loro ministero) per formarli. Io c'ero e vi confermo che è stata una cosa seria.
Così come seria è l'intenzione della Stradale di estendere Icaro alle scuole di ogni ordine e grado (finora si è battuto soprattutto sulle superiori, sempre per carenza di risorse). In vista di questo, l'attuale direttore, Roberto Sgalla, sta formando vere e proprie pattuglie specializzate negli interventi non su strada, ma nelle scuole. Ci saranno due poliziotti in ogni provincia, per eliminare le improvvisazioni. Perché il rapporto con i giovani è una cosa su cui investire: visto che i grandi percepiscono le regole più come una cosa da eludere e quindi non di rado vanificano i controlli, tanto vale dedicarsi all'educazione dei giovani, in modo che in futuro la vigilanza non sia la sola arma da mettere in campo come invece accade oggi. Sgalla, da uomo di comunicazione qual è (ha diretto per otto anni l'ufficio Relazioni esterne del Capo della Polizia), lo ha capito e punta molto su questo. In bocca al lupo!
Ecco ora il mio articolo dell'epoca.
L'eccesso di velocità è l'infrazione più commessa dai ragazzi italiani, ma solo in città: in autostrada, oltre il 60% dei giovani dichiara di non superare mai i 130 orari, contro il 20% in ambito urbano. È uno dei risultati più interessanti di una ricerca su 5mila studenti di 12 città condotta dal dipartimento di Psicologia dell'Università La Sapienza di Roma per la Polizia stradale e presentata martedì scorso. Ne emerge anche che oltre un terzo dei giovani guidatori è ad alto rischio. Ma, se "presi bene", i ragazzi sono disposti a cambiare. Lo dice anche un altro studio recentissimo, condotto dalla Fondazione Iard. Secondo i dati elaborati per la Stradale, con la collaborazione delle fondazioni Ania e Sicurstrada e dei ministeri dei Trasporti e della Pubblica istruzione, tra i giovani le altre infrazioni più diffuse degli eccessi di velocità autostradali riguardano distanza di sicurezza (con appena il 25% di "ligi"), fari spenti di giorno (30%), cinture sulle brevi distanze (45%, che però diventano l'80% sulle lunghe) e telefonino (50%). Solo settima la sosta vietata, seguita da passaggio con il rosso, sorpasso a destra, sosta sulle strisce blu senza pagare e guida in stato d'ebbrezza. Tutto conferma che le violazioni più commesse non sono le più punite: l'eccesso di velocità è in testa solo in ambiti extraurbani, mentre in città si colpiscono sopratutto i divieti di sosta. La ricerca individua tre profili di giovani alla guida: il 34,3% a rischio, che ama le sensazioni forti, è poco altruista, non rispetta le norme («ostacolano il traffico») e s'innervosisce con gli altri, cui danno la responsabilità anche di errori propri; il 37,8% prudenti, con caratteristiche opposte; in mezzo, un 27,8% di preoccupati/controllati, che rispettano le regole solo per paura di controlli. Purtroppo i guidatori a rischio sono anche quelli che più usano l'auto, specie di notte. Sui comportamenti influiscono campagne sofisticate, come il Progetto Icaro, affinato in sette anni dalla Stradale: la ricerca ha dimostrato che molti ragazzi hanno quanto meno riflettuto dopo aver partecipato agli incontri con gli agenti. Altra strada è quella scelta dalla Fondazione Iard assieme a Zurich Italia (assicurazioni) e Bruno Mondadori (editoria): formazione – in sei scuole di province a rischio come Bergamo e Brescia – di giovani con ruolo di leader nei gruppi di coetanei, perché è proprio il gruppo che plasma il comportamento di molti ragazzi. Istruiti i leader, è stato possibile disseminare i messaggi positivi e mediamente il 25% dei partecipanti dichiara di aver modificato il proprio stile di guida. |