Diritti e doveri dei ciclisti

L’ho già scritto varie volte: un incidente non succede quasi mai per un solo motivo e questo vale anche quando sono coinvolti un mezzo "forte" (come un’auto) e uno "debole" (come una bici). Quindi, i ciclisti fanno bene a lamentarsi del comportamento degli automobilisti, ma devono essere aldisopra di ogni sospetto. Ce lo ricorda questo post dei nostri amici blogger per la sicurezza che vi riporto di seguito, aggiungendo però una piccola nota: leggerete un rimbrotto ai ciclisti che non usano le piste ciclabili quando ci sono, ma io da ciclista so che alcune sono strette o piene di buche, pali e gente (sono ricavate anche dove non c’è spazio, l’Italia è tutta stretta) che oggettivamente sono inutilizzabili.

Buongiorno a tutti,

leggevo oggi su corriere.it la notizia che copio in calce. Dal mio punto di vista, quale automobilista, devo contraddire l’Assessore Croci, quando afferma che «Per un buon bike sharing non sono indispensabili le piste ciclabili». Oserei dire che sono indispensabili, così come è indispensabile che poi i ciclisti le usino, e questo è un punto che dovrebbe essere chiaro anche a Ciclobby. Così come devono essere multati gli automobilisti che sostano sulle ciclabili, sarebbe anche il caso che lo fossero i ciclisti che in presenza di una ciclabile, non la usino.
In Viale Caprilli (Zona SanSiro) ad esempio, vi è la ciclabile, di fatto inutilizzata; per assurdo anche i "podisti", nonostante vi sia anche un marciapiede sufficientemente largo, preferiscono correre lungo la strada e questo anche nelle prime ore del mattino quando ancora è buio così come nel tardo pomeriggio. Ovviamente senza neanche indossare (altro nota stonata) nessun tipo di abbigliamento che segnali la loro presenza. Così come i ciclisti, sempre vestiti di scuro, luci spente e magari cuffiette nelle orecchie.
Abito in una cittadina dove l’uso della bici è ancora molto sentito e mia moglie va in bici al lavoro per 6 mesi all’anno, per cui sento il problema dei ciclisti, anche perchè due anni fa è stata investita da un automobilista che non aveva rispettato uno stop, fortunatamente a bassa velocità; questo mi consente di esprimere un parere scevro da pregiudizi.
La sicurezza la si ottiene con la collaborazione di tutte le parti in causa, compresi i cicilisti.

Saluti

Paolo Massarenti

Gli iscritti, a una settimana dal via, sono già 252 e crescono a una media di 80 al giorno. Lo slogan dice «Nasce un nuovo mezzo pubblico: la bicicletta» e i milanesi hanno battuto sul tempo pure la pubblicità. Il bike sharing parte il 28 novembre con 65 stazioni e 800 bici nei Bastioni. I modelli sono europei: Lione, Parigi, Barcellona. E il sistema collaudato: card elettroniche, tariffa annuale da 25 euro, primi 30 minuti gratuiti e 50 centesimi ogni mezz’ora successiva (fino a un massimo di due ore). È la «fase 1» di un progetto che sarà completato nel 2009.

Ma è vigilia di polemiche: il Piano della mobilità ciclistica, annunciato oltre un anno fa, non passerà in giunta. Resta un documento d’indirizzo, accanto al piano triennale delle opere, e i suoi provvedimenti attuativi (piste, percorsi…) saranno approvati di volta in volta da sindaco e assessori. «Brutto segnale politico, un passo indietro» attaccano le associazioni. Per i Verdi è ormai è chiaro: «Ha vinto il partito dell’auto».

Si chiama BikeMi e va letto come un invito. Inforcami. Biciclettami. Il Comune spera in un «assalto» ecologista che liberi il centro da altre auto, affianchi Ecopass e rafforzi il sistema dei mezzi pubblici. Qualcuno, a Porta Genova, ha capito male e ha già danneggiato la rastrelliera. Atm e ClearChannel, che gestiscono l’operazione, hanno messo in conto un tot fisiologico di furti al debutto. Si vedrà. Le stazioni, per ora, non hanno telecamere: saranno sorvegliate da addetti e vigili urbani. Bici in condivisione, questo è il concetto. «L’80 per cento dei milanesi vuole pedalare» e così il Comune spinge un uso veloce. Tempi e percorsi brevi.

S’inizia con una sola tariffa annuale da 25 euro e a gennaio arriveranno i ticket settimanali (6 euro) e giornalieri (2,5 euro). Le regole sono nel kit che viene consegnato dopo l’iscrizione (su bikemi.com e negli Atm Point): il servizio è attivo delle 7 alle 23, la tessera elettronica per sganciare e riagganciare la bici è personale e non trasferibile, non si può tenere la bici per più di due ore di seguito (pena la sospensione della card al terzo sforamento), l’assicurazione copre solo i mali tecnici e non gli incidenti, il gestore sa sempre chi sta usando il tal ferro e riscuote 150 euro di penale se non lo restituisce entro 24 ore.
Si parte il 28, dunque. A dicembre le stazioni saranno più di cento e 1.300 le bici. L’obiettivo, per il 2009, è l’installazione di 300 stazioni con oltre 5 mila due ruote dentro e fuori la Cerchia (con particolare attenzione alle università). L’investimento complessivo è di 5 milioni di euro finanziati dallo Stato (di cui 1,7 per lo start up). «Il bike sharing cambierà le abitudini dei milanesi» sostiene l’assessore alla Mobilità, Edoardo Croci. Da ieri la città e tappezzata dalle pubblicità, slogan del tipo «Hai voluto l’auto? Adesso pedala» e «Tira la volata all’ecologia ».

Sì, «ma dove?», ribattono da Ciclobby: le piste sono insufficienti, una rete dissestata di moncherini. Replica Croci che nuovi percorsi sono stati realizzati nel 2009 e altri si faranno: «I chilometri totali saliranno a 120 nel 2011 e a 250 nel 2015». Ma precisa: «Per un buon bike sharing non sono indispensabili le piste ciclabili». È il nodo dello scontro. Dopo le polemiche nella maggioranza sullo stop alle piste in centro, da ieri è ufficiale che il Piano della mobilità dolce non sarà approvato in giunta.
Sarebbe stata proprio Letizia Moratti a indicare questa strada e la segreteria avrebbe dato il via libera. L’obiettivo? «Evitare altre fratture nella maggioranza» sostengono Maurizio Baruffi ed Enrico Fedrighini, consiglieri dei Verdi: «Sul tema sono emerse tutte le contraddizioni della giunta, mentre i milanesi chiedono più mobilità ciclistica». E «preoccupato» è anche Eugenio Galli, presidente di Ciclobby: «Avevamo collaborato al piano, ma così la giunta non si assume una responsabilità chiara. Vengono a mancare certezze sui progetti e sui tempi».

  • Giuliano Gavazzi |

    Caro Maurizio, mi riaggancio a questo argomento prima di tutto per segnalare la chicca contenuta nell’incivile e disumano decreto sicurezza appena approvato, e poi per commentare su quell’esempio preso dalla campagna Icaro. Quest’ultimo per primo:
    la storiella di Giulio che arriva allo stop, rallenta solo e cade perché un gatto gli attraversa la strada d’improvviso, è di una logica che va bene per gabbare i bambini delle scuole elementari. Purtroppo è anche la pseudo-logica di molta gente. Si confonde la coincidenza con la casualità. La cosa più grave è che dovrebbe far parte di una campagna educativa… a prescindere dalla non-casualità, non ci si rende conto che le regole sono una finzione tutta umana, non assoluta. Quindi se per esempio allo stop non fosse obbligatorio fermarsi (in particolare per le biciclette) la storiella (favola) cosa insegnerebbe? Lascio a te la conclusione.
    L’altro punto, peraltro connesso, riguarda l’applicazione dei punti alla patente di guida (ma di che categoria?) da applicare ai ciclisti che violano il codice della strada e sono appunto in possesso di una patente. Vien da ridere. Meno male che andar in bicicletta mette il buonumore, ma ce ne vuole di buonumore per sopportare i danni (sociali, ambientali e di struttura del territorio) che la vostra dea imperatrice causa (e non mi riferisco ai morti sulle strade).

  • Giuliano Gavazzi |

    1) Le piste ciclabili sono pericolose, più della strada condivisa. Nei paesi più avanzati in materia di trasporto si va in questa direzione.
    2) I ciclisti devono sì vestirsi in maniera appropriatamente visibile e usare luci quando necessario, ma la mancanza di queste non è in alcuna relazione all’imprudenza, per non chiamarla comportamento criminoso, di troppi, della maggioranza dei guidatori. La latitanza dello Stato sul fronte della prevenzione, anche per mezzo dell’Educazione, è grave. Ma solo una mente acritica può non rendersi conto di quanto gravi siano certi comportamenti, visto il numero di morti e feriti che prima o poi tocca tutti noi.
    [risponde Maurizio Caprino] Giusto l’altro giorno, alla prima lezione del corso di formazione per chi farà Icaro (la campagna della Stradale nelle scuole), ho sentito questa storiella istruttiva, che verrà proposta la prossima primavera ai ragazzi: Giulio arriva a uno stop, vede che non arriva nessuno e decide di attraversare l’incrocio con prudenza ma senza fermarsi, ma proprio in quel momento sbuca un gatto e lo fa cadere. Un esempio per dire che qualsiasi violazione, anche lieve e commessa dopo aver guardato se c’è effettivamente pericolo, può contribuire a causare il più casuale degli incidenti. Quindi ognuno deve fare la sua parte, piccola o grande che sia.
    Quanto alla pericolosità delle piste ciclabili, dipende dal confronto tra ciascuna di esse e la strada normale alternativa. Non credo si possano trarre regole generali, se non per il fatto che le caratteristiche di molte nostre città fanno sì che le nostre piste siano ricavate alla bell’e meglio.

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