Nel post precedente vi davo conto della passività di non pochi miei colleghi quando intervistano qualcuno. Eppure le interviste sarebbero cose serie, in grado di far capire tante cose. Per esempio, su "Quattroruote" di agosto, ce n’è una in parallelo agli ex-ministri Bianchi e Lunardi. Letta da chi ha vissuto abbastanza da vicino gli eventi di cui parlano, è un’occasione ghiotta per smascherare vanterie, diplomazie e, una volta tanto, anche sincerità.
Sì, sincerità. L’ho vista in Bianchi quando ha parlato dell’Anas come di un organismo autoreferenziale che "guai a chi vuol metterci mano". La stessa sensazione complassiva che ho raccolto io tra molti addetti ai lavori, anche se proprio all’Anas conosco gente brava che si dà da fare (gente di cui non si può fare a meno, perché qualcuno dovrà pur darsi da fare per garantire un minimo di transitabilità). Ho spesso criticato Bianchi in passato, una volta ho scritto qualcosa in suo favore e questa è la seconda.
Mi spiace invece continuare a scrivere male di Lunardi, ma devo notare che nella sua intervista ha dipinto Bianchi come ostaggio delle paturnie dei partiti che appoggiavano il Governo di cui faceva parte, mentre lui avrebbe sempre contato su una maggioranza solida e per questo avrebbe fatto sempre approvare ciò che voleva lui. Chi ha seguito le cose sa che non è così. Sa che la tanto sbandierata patente a punti è arrivata con un decreto legge rinviato un paio di volte in Consiglio dei ministri. Sa che Lunardi non è riuscito a imporre i 150 all’ora su alcune autostrade. Sa che addirittura in oltre un anno non è riuscito a rimediare all’incostituzionalità di una parte della patente a punti: il decreto legge che la sanava (il "salvapunti") entrò in vigore solo sei mesi dopo la sentenza della Consulta e poi decadde per mancanza di numero legale in sede di conversione in Parlamento,nell’autunno 2005. Se ne dovette riparlare a ottobre 2006. Quando il ministro era Bianchi.