Giusto stamattina uno di voi, Paolo, ha messo il dito sulla piaga: commentando il penultimo post, ha tirato fuori il problema della "qualità". Cioè il fatto che in Italia (e forse non solo, aggiungo io) l’importante è avere un pezzo di carta che abiliti una persona o un veicolo a svolgere un determinato servizio, a prescindere dal fatto che dia davvero le necessarie garanzie di sicurezza. Neanche a farlo apposta, oggi mi sono arrivate due conferme. Fresche fresche. Una riguarda le revisioni (assolutamente scottante!) e l’altra la patente. Eccole
Mi segnalano che un mese fa (quindi non dieci anni fa, quando queste cose non si sapevano ancora) un’officina autorizzata a effettuare revisioni ne ha fatte oltre 200 nel giro di due giorni, pur avendo una sola linea e quindi potendo controllare solo un veicolo alla volta. Certo, oggi l’organizzazione del lavoro fa miracoli, ma mi risulta che solo la Toyota (leggasi Toyota, uno dei prncipali costruttori del mondo) abbia trovato un sistema per abbattere i tempi di lavorazione in officina, istruendo due meccanici in grado di lavorare in tandem e con equipaggiamenti speciali. Così sembra incredibile che un signor Nessuno possa fare oltre 100 revisioni al giorno: se anche ognuna di esse durasse 5 minuti (e in realtà si sa che un controllo fatto come si deve richiede almeno 20 minuti), ci vorrebbero 10 ore di lavoro, senza interruzioni se non per fare pipì. Molto più probabilmente, il signor Nessuno è uno di quelli che le revisioni le fanno solo mettendo la pecetta sulla carta di circolazione, senza degnare di uno sguardo il veicolo da controllare. Che però potrà legalmente circolare. Alla faccia delle misure restrittive messe in campo e annunciate dalla Motorizzazione: ne ho sentito parlare in decine di convegni. Mi auguro solo che il sistema che entro un paio d’anni diventerà obbligatorio (MctcNet 2, che comprende anche una telecamera per accertarsi che il veicolo venga fisicamente collocato sulla linea di revisione, anche se poi mi chiedo chi controllerà la marea di dati che il sistema registrerà) serva almeno un po’.
Capitolo patenti. La settimana scorsa, la Regione Lombardia ha presentato Patente Plus, un’iniziativa rivolta a 4mila giovani, non uno di più. In pratica, con la collaborazione dell’Unasca (la più importante associazione delle autoscuole) e di due autodromi (l’Asc di Quattroruote e quello di Franciacorta), si faranno corsi integrativi a quelli che normalmente si fanno per prendere la patente. Ci saranno anche lezioni di guida sul bagnato e in situazioni di emergenza. Tutte cose che costano e che, se ci fosse maggior sensibilità da parte di tutti (autoscuole, clienti e politici), sarebbero obbligatorie per tutti, mentre oggi ci accontentiamo di qualche quiz e di un giro dell’isolato. Un chiaro retaggio dei decenni in cui bisognava diffondere la motorizzazione di massa in un’Italia contadina. Comunque, in mancanza d’altro, l’iniziativa lombarda va salutata con soddisfazione. Perché mette a nudo le carenze dei corsi normali e perché dà un incentivo concreto anche alla disciplina: chi dopo due anni di patente non perderà punti riceverà un bonifico di 400 euro (ma come si calcoleranno i due anni, vista l’altra clamorosa carenza del sistema italiano, nel quale le decurtazioni possono avvenire anche a più di un anno di distanza dall’infrazione? e se il neopatentato viene beccato da un autovelox senza essere fermato e dichiara che guidava il nonno novantenne, cosa che peraltro è incentivato a fare anche dal fatto per legge che nei primi tre anni di guida il numero di punti da togliere per ciascuna infrazione va raddoppiato?)