Ecco cosa significano i tagli alla sicurezza stradale. Ridateci Pilato e lasciate lavorare i “fannulloni”

L’altro giorno ho rivalutato la bistrattata figura di Ponzio Pilato. Quando ho letto che fra i tagli di bilancio apportati dal Governo per finanziare la tanto sbandierata abolizione dell’Ici sulla prima casa, c’era anche il dimezzamento dei fondi 2008 per la sicurezza stradale col possibile azzeramento per gli anni successivi, mi è tornato in mente il governatore romano, che per due millenni è stato preso come simbolo di nequizia. In fondo, quando rimise alla folla la decisione se crocifiggere Gesù o Barabba, fece comunque un atto di trasparenza. La politica attuale è invece opaca e lo dimostra proprio la storia dell’Ici: in campagna elettorale, nessuno aveva spiegato come sarebbe stata finanziata. Magari non sarebbe cambiato nulla: una tassa in meno fa certamente più presa di un rafforzamento dei controlli su strada (eccome!). Ma almeno sarebbe stato chiaro il motivo per cui gli ubriachi continuano a girare indisturbati, gli autovelox si mettono più per fare cassa che per evitare incidenti, i camion girano spesso e volentieri in sovraccarico e in condizioni meccaniche pessime eccetera. Perché i tagli alla spesa pubblica non sono solo la riduzione di sprechi o semplici righe di una tabella. Ecco che cosa significano davvero.

Che la Stradale abbia organici insufficienti e mezzi vecchi (a proposito, l’altro giorno ho visto nel giro di un chilometro una loro Marea con un faro fulminato e una della Penitenziaria ferma in panne, sono auto che nel migliore dei casi hanno sei anni) è risaputo. Che i Comuni intervengano sulla sicurezza stradale solo se sanno di poterne trarre un incasso l’ho spiegato già qualche volta (l’ultima un paio di settimane fa su questo blog). Che i controlli antialcol siano pochi anche perché gli etilometri restano per mesi fermi alla Motorizzazione (sono in tre a fare le verifiche necessarie per legge prima di entrare in servizio e poi periodicamente) l’ho scritto sul Sole-24 Ore del 21 maggio (il giorno in cui il Governo faceva la faccia feroce varando il pacchetto sicurezza, che dava il terzo girodi vite sull’alcol in sei anni…).

Ora aggiungo che c’è una direttiva europea in base alla quale gli Stati membri s’impegnano a controllare su strada i mezzi pesanti. Non è solo una questione di sicurezza, ma anche di regolare funzionamento del mercato: un’impresa di autotrasporti che rispetta tutte le leggi viene penalizzata se il concorrente scorretto (nella fattispecie, spesso dell’Est) continua indisturbato a operare. Bene, in tutta Italia abbiamo solo una ventina di centri mobili (autoarticolati il cui semirimorchio è un’officina attrezzata per le revisioni e che in sette anni hanno funzionato in modo solo saltuario) gestiti da personale della Motorizzazione che si apposta in alcune aree di sosta grandi coadiuvato da pattuglie della Stradale che fermano i mezzi da controllare. Sapete che trattamento economico ha uno della Motorizzazione per una giornata che passa in autostrada dalle 7,30 alle 18? Prende 60 euro lordi, che percepirà dopo un anno e con i quali deve pagarsi benzina e pranzo: quel che avanza sarà il compenso per lo straordinario.

Se continuate a vedere per strada tir che sembrano catorci, è anche perché alla Motorizzazione le liste di attesa per le revisioni sono chilometriche. Per carenza di personale e di soldi per gli straordinari, certo. Così le imprese, per non restare a terra, si rivolgono a centri privati dove si paga di più rispetto alla tariffa ufficiale. Tra gli addetti ai lavori è noto che il sovrapprezzo talvolta può servire anche a far chiudere un occhio ai controllori sulle condizioni dei camion.

Tutto questo ha legami diretti con quanto i Governi (di qualsiasi parte politica) sono da sempre stati disposti a spendere per la sicurezza stradale. Potete obiettare che:

– anche in questa spesa ci sono sprechi: consulenze esterne, commissioni varie e tavoli di lavoro per dare una parvenza di scientificità a decisioni già prese dalla politica nell’interesse proprio e dei propri grandi elettori e finanziatori;

– agli agenti non piace ammattire con l’etilometro e gli ubriachi cui devono togliere la patente;

– un dipendente della Motorizzazione il sistema per non andare a fare controlli su strada lo può sempre trovare;

– spesso è la Motorizzazione stessa che "non vuole" funzionare, perché altrimenti alcuni suoi dipendenti non potrebbero fare il doppio lavoro da controllori privati (sì, come molti medici pubblici dai tempi di Alberto Sordi-dottor Tersilli in poi) o comunque percepire regalie;

– la Motorizzazione non ha soldi anche perché incredibilmente non sembra voler trovare un sistema per impedire l’evasione dei versamenti a suo favore per i diritti che le spettano su ogni revisione effettuata dai privati (sarà che qualche dipendente pubblico trae benefici anche indiretti pure da questo?).

Potete obiettare tutto questo, è tutto vero e chi ci lavora lo sa. Ma l’ennesimo taglio ai fondi per la sicurezza non fa che demotivare ulteriormente i dipendenti onesti, già duramente provati dagli altri tagli precedenti e dal permanere in servizio dei loro colleghi fannulloni e disonesti (leggere le cronache per credere, se volete ne riparliamo).

  • Paolo |

    Buongiorno.
    Mi pare che il punto centrale di questo post, assolutamente condivisibile, sia la qualità della spesa pubblica. In poche parole accade questo: buona parte della spesa dello stato e degli enti locali è costituita da sprechi, clientelismi e burocrazia inutile, a scapito degli investimenti. Qui considero la spesa per la sicurezza stradale un investimento, ossia qualcosa che mira ad ottenere benefici per tutti, non necessariamente economici, proprio come la costruzione di infrastrutture per i trasporti o il mantenimento dell’ordine pubblico.
    Un esempio per chiarire quanto affermo. Per montare una pergola di legno sul terrazzo di mia proprietà ho dovuto chiedere un nulla osta amministrativo al comune, corredato di vari disegni, indicazioni dei materiali usati, fotografie, marche da bollo, versamenti e così via. E’ molto più semplice ed economico fare la revisione biennale dell’automobile. Però la mia pergola non dà fastidio a nessuno, mentre circolando con un mezzo in cattive condizioni potrei anche uccidere qualcuno (si obbietterà che la pergola potrebbe crollare e cadere in testa ai passanti: vero, ma di questo il comune non si preoccupa. Non chiedono calcoli strutturali, vogliono solo sapere quanto è grande e che aspetto ha.) Evidentemente la burocrazia inutile alla fine porta più consenso elettorale che l’investimento in sicurezza stradale, non trovo altre spiegazioni.
    E visto che si parla di spesa, parliamo anche di entrate. Ho un sospetto, che il Dott. Caprino potrà confermare o smentire: se si facessero seriamente le revisioni dei veicoli e gli esami per il rilascio e il rinnovo delle patenti, il numero di veicoli immatricolati e circolanti rimarrebbe più o meno uguale o si ridurrebbe? Non sarà che si tende a dare la patente a tutti, a rinnovarla a tutti e a far circolare qualsiasi catorcio per tenere alte le entrate fiscali derivanti dai veicoli a motore?
    Un saluto.
    [risponde Maurizio Caprino] Sì, è un problema di qualità e quella non interessa a nessuno perché gli interessi veri sono concentrati su altro. In prevalenza – lo confermo, è giustissimo – sugli aspetti burocratico-formali (pensiamo ai tassisti che devono conseguire un certificato di abilitazione professionale e poi non sanno nemmeno tenere il volante in mano), come nell’esempio della pergola.
    Quanto al discorso sulle entrate, è probabile che ci sia anche una componente del genere, ma ne vedo almeno altre tre:
    1. residui della cultura anni Cinquanta-Sessanta, quando per l’interesse generale del Paese occorreva assicurare la motorizzazione di massa e quindi non si badava troppo alla sicurezza vera (esattamente come negli stessi anni si faceva dando licenze per il commercio a tutti, motivo per cui ci siamo trovati – per esempio – con una rete di distribuzione carburanti molto frammentata e poco competitiva);
    2. l’esigenza comunque di garantire un minimo di diritto alla mobilità, non potendolo fare con i mezzi pubblici che ci ritroviamo;
    3. l’assoluta necessità di rispettare le cadenze delle revisioni che ci imponeva la Ue (il “4-2-2”), che di fatto ha reso indispensabile aprire il settore ai privati (la Motorizzazione da sola riusciva a revisionare le auto ogni 11 anni), cosa che ha portato ad autorizzare troppi operatori poco seri.

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