Eccovi ancora un post contro i tassisti: tra venerdì e sabato scorsi, sono salito su quattro taxi e su due mi sono trovato di fronte a situazioni più pericolose di quelle già a rischio cui la categoria ci ha già abituati. Niente di personale, ma quando è troppo è troppo.
Venerdì pomeriggio, un tassista barese mi ha portato all’aeroporto ancora più velocemente del solito e fin qui passi. Il bello è venuto a un chilometro dall’arrivo, quando il tassista mi ha detto che di essere tanto entusiasta delle Multipla che ha usato finora nel suo lavoro che gli dispiace separarsene persino per la manutenzione, motivo per cui in quel momento stavamo viaggiando "con gli ammortizzatori scoppiati". Ma niente paura, ovviamente: mi ha aggiunto che la Multipla tiene perfettamente la strada anche in quelle condizioni e che a lui, in fondo, una situazione del genere fa piacere perché gli permette di dimostrare le sue doti di controllo dell’auto. E, come conferma, via con una derapata sull’ultima rotonda prima dell’aerostazione. Personalmente, non ho avuto paura: mi è capitato di andare in pista accanto a collaudatori in grado di fare molto di più. Ma lì eravamo in pista e non per strada, dove ci si deve difendere anche dalle imprudenze altrui. Tanto più che tra le mani avevo proprio un giornale che dava notizia di una sentenza di Cassazione in cui questo principio veniva ribadito.
Venerdì sera, nel nubifragio romano, mi è invece capitato un tassista accoccolato al telefonino, con l’aria di chi dava al cellulare lo stesso trattamento affettuoso che avrebbe riservato alla persona con cui in quel momento stava dolcemente bisbigliando via etere. E’ andata così per un buon pezzo di città, da Monte Mario all’Aurelia, e per tutto il tragitto autostradale tra il Raccordo anulare e Fiumicino, dove abbiamo rischiato di essere travolti da un’auto che sopraggiungeva, cui il tassista ha sostanzialmente tagliato la strada senza altro motivo se non il fatto di non averla vista (come si riesce a scontrarsi pur andando piano e con la strada libera…).
Mi è parso un miracolo che questo tassista romano abbia potuto vedere per tempo un pedone imprudente, che camminava nella semioscurità dell’Aurelia Antica fuori dallo stretto marciapiede per stare a fianco a un amico. Una scena che, concettualmente, mi ha ricordato le due ragazze irlandesi investite 48 ore prima sul Lungotevere, per l’imprudenza sia del conducente sia del pedone (sia pure in misura diversa tra loro). Solo che nel nostro caso è andata bene. Ma solo per una questione di fortuna e questo dovrebbe farci riflettere. Tutti.
Alla fine, ho rivalutato gli altri due tassisti che mi hanno accompagnato in questa trasferta-lampo. Frecce non messe, precedenze ignorate, cinture slacciate (uno addirittura si era procurato una fibbia di ricambio, per metterla nell’attacco e tacitare così il cicalino) e spia dell’airbag accesa (molto diffusa sui taxi, molto soggetti a causare tamponamenti che fanno scoppiare il pallone, che è costoso da ripristinare). Pura routine, in fondo.