L’incidente di Fiumicino/2: ora una moratoria per noi giornalisti e qualche spot fatto bene

Ieri sera, per mezz’ora, il Tg2 ha riportato sul suo "rullo continuo" di notizie che compare sulla parte bassa dello schermo che una delle auto coinvolte nell’incidente di Fiumicino è stata trovata col tachimetro bloccato sui 210 orari. La tragedia di Lady Diana evidentemente non ha insegnato nulla. E allora ripetiamo che, in caso di urto violento, i tachimetri possono "impazzire", andando a fondo scala. D’altra parte, basta un po’ di immaginazione per capire che, su strade normali con traffico normale, velocità così alte possono essere raggiunte solo da veicoli in grado di avere accelerazioni "non normali" (per esempio, una monoposto da Formula 1). Insomma, oggi che la parola "moratoria" va di moda, io ne propongo una, per noi giornalisti: in attesa che qualcuno torni a preoccuparsi di darci una preparazione tecnica sugli argomenti di cui ci occupiamo, evitiamo di dare notizie se non ci sembrano pienamente verosimili, anche se temiamo che i nostri concorrenti con esse ci facciano uno scoop.

Certo, date le condizioni in cui è stata ridotta la nostra professione, rischia di essere una moratoria perpetua. Ma è il minore dei mali.

Anche perché, nel caso di Fiumicino, più ci penso e più mi rendo conto che è stato un incidente causato non da pazzi incoscienti, ma da normali automobilisti. Che, come in tutte le periferie metropolitane, a quell’ora della mattina hanno un solo scopo: arrivare in orario al lavoro nonostante il gran traffico. Dunque, più che la spericolatezza, dovrebbe aver pesato lo stress unito alla scarsa consapevolezza del rischio. Cose che capitano a chiunque. Ma che non per questo vanno accettate con fatalismo.

Me ne sono accorto riflettendo giusto ieri mattina, subito dopo aver fatto (involontariamente) prendere una multa a un automobilista: attraversavo guardingo sulle strisce pedonali un largo viale portando mia figlia sul suo passeggino, un conducente si è correttamente fermato e un altro lo ha superato (senza nemmeno la freccia) passando dove mi sarei trovato con la bambina se non avessi avuto la prontezza di fermarmi io. Il tutto avveniva sotto gli occhi di un vigile (eravamo davanti a una scuola in orario di uscita), che – per la verità sorprendendomi, data la noncuranza che ormai vedo da anni – ha fatto il suo dovere. Quell’automobilista, insomma, non si è accorto né che chi lo precedeva si è fermato per un valido motivo né che c’era un vigile, peraltro ben visibile. Probabilmente, quando riceverà il verbale, si lamenterà anche per non essere stato fermato subito (ma il vigile doveva proseguire ad aiutare gli scolari ad attraversare). Sono convinto che fosse una brava persona, ma la fretta delle ore 13 unita all’ignoranza caratteristica del sistema italiano di formazione dei conducente ha rischiato di trasformarlo in assassino.

Un modo per cominciare a rimediare, potrebbe essere la riproposizione di uno spot inglese: la storia di un automobilista normale e di una ragazza che sarà la sua futura vittima. Nello spot si vede la ragazza uscire di casa per un certo numero di mattine e attraversare con un po’ di distrazione una strada sulle strisce; in quelle stesse mattine, l’automobilista supera di poco i limiti di velocità ed è un po’ distratto dalla routine del percorso e dai pensieri quotidiani. I due non s’incontrano mai per una questione di secondi. Ma una mattina s’incontrano ed ecco l’incidente, con tutti gli annessi e connessi. Ne valeva la pena, per arrivare in ufficio due minuti prima?

  • Paolo |

    Buongiorno a tutti.
    Faccio innanzi tutto i miei complimenti al Dott. Caprino per il suo blog, che seguo ormai da parecchi mesi, anche se è la prima volta che commento un post.
    Ciò detto, non posso che concordare con alexmrg sulle pesanti responsabilità degli amministratori locali in casi come quello di Fiumicino. Sono stato in Olanda, a Rotterdam, ed ho visto con i miei occhi la grande attenzione alla sicurezza nel progetto delle strade urbane, resa possibile anche dall’esistenza di una ottima circonvallazione con caratteristiche autostradali, il Ring Rotterdam, che in alcuni tratti ha 4 o 5 corsie per senso di marcia.
    Mi chiedo allora perché in Olanda, che è il paese più densamente popolato d’Europa, riescono a trovare lo spazio per grandi autostrade di scorrimento, per le fermate dei mezzi pubblici fuori dalla carreggiata, per le piste ciclabili, mentre in Italia queste opere non si fanno. Io una risposta la ho, ed è questa: le strade costano e non producono nessun introito per le amministrazioni locali, ma soprattutto sottraggono spazio agli edifici, che di introiti ne producono parecchi (ICI, tassa sui rifiuti, e qui in Emilia anche i dividendi della HERA, società che distribuisce il metano, i cui azionisti sono, guarda caso, i comuni della zona). Mi sbaglierò, ma spesso a pensare male si coglie nel segno.
    Un saluto.
    [risponde Maurizio Caprino] Grazie per i complimenti e per l’attenzione. Una sola precisazione sull’Olanda: confermo che la ritengo un esempio positivo, ma certe piste ciclabili al bordo delle autostrade avrebbero potuto risparmiarsele. Prima di tutto perché non sono affatto sicuro che i ciclisti siano sempre al riparo da impatti con veicoli (soprattutto pesanti) che escano di strada in velocità o con il loro carico, che può rovesciarsi sulla pista ciclabile anche quando il guard-rail trattiene il mezzo. Inoltre, pedalare lì non significa certo respirare l’aria di un bosco…

  • alexmrg |

    P.S. a post precedente:
    se effettivamente la velocità fosse stata tale (come già detto le velocità si sommano) l’urto avrebbe letteralmente disintegrato le auto (la velocità relativa sarebbe stata ben oltre i 210 km/h);
    d’altra parte, dall’esame delle deformazioni delle scocche (dalle fotografie pubblicate) è evidente come la velocità fosse di molto inferiore.

  • alexmrg |

    Con il dovuto rispetto per le vittime, alcune considerazioni (vedrete che si tratta sempre degli stessi problemi che non vengono mai risolti):
    1) anche tenendo conto della tolleranza per eccesso del tachimetro (pur vero che l’indicazione non è sempre automaticamente significativa dopo l’urto) sono molte le vetture che sfiorano i 200 km/h; sono pure molte quelle in grado di accelerare a questa velocità in alcune centinaia di metri partendo da ferme oppure intorno al chilometro o poco più partendo da alcune decine di km/h (non fatevi fuorviare dall’apparente controsenso: se la velocità iniziale non è nulla, lo spazio necessario per accelerare si somma a quello che comunque la vettura avrebbe percorso a quella velocità durante l’intervallo di accelerazione);
    le vetture coinvolte sono tra queste;
    2) il cervello umano valuta la velocità a partire dalla “celerità” con cui si ingrandisce l’immagine dell’oggetto focalizzato; nel caso di sorpasso è praticamente impossibile valutare correttamente la velocità relativa, perché a grande distanza l’ingrandimento è poco percepibile, mentre a breve distanza non c’è più materialmente il tempo di valutarlo: questo è il motivo per cui un sorpasso deve essere effettuato con accelerazioni decise (contrariamente a quello che fanno quasi tutti) per diminuire il tempo di occupazione della corsia opposta;
    ma queste cose in autoscuola continuano ad essere trascurate (insisto nel simulatore di guida);
    3) in caso di guida a velocità (veramente) eccessiva, nella situazione in esame (come riportata) i conducenti valutano se frenare con rischio tamponamento o continuare il sorpasso sfruttando la velocità con rischio di “frontale”: è molto comune questa seconda scelta, non per aggressività o imprudenza, ma per motivi del tutto analoghi a quelli esposti al pt. 2);
    4) la situazione urbanistica (del resto molto ben individuata dai residenti) è la solita che si riscontra quasi ovunque: c’è una strada di scorrimento (locale o meno ha poca importanza) che viene trasformata da edifici di nuova e/o recente costruzione in strada con mobilità di breve raggio, senza che ai precedenti utenti venga garantita un’alternativa di scorrimento “credibile” e neppure un sia pur minimo adeguamento alla nuova configurazione urbanistica per i residenti (salvo forse la solita segnaletica restrittiva a scarico di responsabilità); le norme in vigore stabiliscono che la fermata di mezzi pubblici sia “…comunque organizzata all’esterno della carreggiata…” (che, per inciso, non significa “sulla banchina”) e non è certamente troppo costoso un guard-rail in zona di rispetto ed una banchina rialzata (possono già essere sufficienti 30-35 cm: facilita anche la salita/discesa) per evitare almeno l’urto di rimbalzo;
    a costo di annoiare ripeto il mio appello: fermate quegli Amministratori locali!
    [risponde Maurizio Caprino] Concordo su tutto, tranne due punti:
    a) è vero che per accelerare fino a 210 orari di tachimetro (facciamo 190 effettivi, che comunque coincidono con la velocità massima del tipo delle vetture coinvolte) basta circa un chilometro, ma solo in pista, dove non c’è alcuna interferenza né di traffico né ambientale e quindi ci si può concentrare solo sull’acceleratore da schiacciare;
    b) certamente è vergognoso per la capitale di un Paese Ue che una fermata di scuolabus sia stata ricavata sulla banchina (provate a farvi un giro in Olanda…), ma temo che – dato il numero di veicoli coinvolti – qualsiasi protezione potesse essere insufficiente.

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