Gli anni passano, i problemi restano. Scartabellando nel mio archivio, ho trovato una segnalazione che ricevetti nel dicembre 1996 riguardo alla qualità di accessori e ricambi. Sia quelli che troviamo in vendita in negozi specializzati e ipermercati sia quelli che acquistano officine e carrozzerie cui affidiamo i nostri veicoli. In sostanza, allora mi si diceva che, a un anno e mezzo dal recepimento della direttiva europea 92/53 che vieta la vendita e la messa in circolazione anche di componenti o entità tecniche non omologate (se si riferiscono a parti regolate da specifiche direttive di omologazione), non c’erano ancora controlli per far rispettare questa norma. E’ il caso, per esempio, di specchi e fari. Così i fabbricanti più seri sono penalizzati dalla concorrenza sleale e ai consumatori non viene garantita la sicurezza.
Che cosa credete che sia cambiato nel frattempo? A parte qualche operazione alle dogane su prodotti provenienti dalla Cina, nulla. Ma c’è di peggio: su parti fondamentali come le ruote, ancora oggi un eventuale controllore avrebbe le mani legate.
Il problema è stato denunciato con forza cinque mesi fa (scusate se me ne accorgo solo ora), nel corso di un convegno sul tuning organizzato dall’Università di Parma: Claudio Bernoni della Oz (uno dei principali costruttori italiani di cerchioni) ha ricordato che a tutt’oggi non esiste una norma europea che regolamenti le caratteristiche di sicurezza delle ruote e che in Italia – contrariamente ad altri Paesi – nessuna norma nazionale copre il buco. Se si considera che il 70% dei cerchi venduti ha solo un desing simile a quello degli originali ma non ha alcuna certificazione su come viene costruito, il quadro è chiaro e Bernoni afferma di avere molte segnalazioni di cerchi che si rompono in marcia. Eppure una delle cose più ripetute quando si parla di sicurezza è il fatto che le ruote sono l’unico appoggio a terra del veicolo, per cui se esse hanno problemi non c’è dispositivo elettronico (Abs, Esp eccetera) che tenga.
Che c’entra tutto questo in un convegno sul tuning? C’entra: come ho spiegato più volte, nei mesi scorsi ci si è accapigliati per trovare una liberalizzazione che non desse a chiunque la “patente” per modificare meccanica ed estetica delle auto destinate a circolare normalmente su strada. Nell’ambito di questo dibattito, si stava cercando di inserire nella liberalizzazione del tuning anche una norma che imponesse la certificazione delle parti di sicurezza che attualmente sono ancora di libera vendita.
La crisi politica – come scrivevo la settimana scorsa – ha fermato tutto. Speriamo ci si ricordi di andare avanti nella prossima legislatura. Se lo si farà, continuerò a vigilare segnalandovi eventuali ritorni del tentativo di liberalizzare in modo spinto: l’ho sempre criticato (leggete i post dell’estate scorsa in questa sezione del blog) e continuerò a farlo.