Un tifoso morto ad Arezzo, meno autovelox in tutta Italia

In attesa che si capisca di più sulla dinamica dei disordini che ieri hanno portato alla morte del tifoso laziale sull’Autosole ad Arezzo, nei prossimi giorni sarà difficile vedere pattuglie ferme a bordo strada se non per motivi di stretta necessità. Dunque, meno autovelox, almeno a breve termine.
Infatti, ora tra le forze dell’ordine c’è la consapevolezza di essere ancora di più tra i bersagli dei teppisti che girano l’Italia per seguire le squadre di calcio: lo hanno dimostrato gli attacchi e le devastazioni di ieri dopo che si è diffusa la notizia del tifoso ucciso ad Arezzo da un agente della Stradale e, col proliferare delle partite anche durante la settimana, di fatto sono solo pochi i giorni che si possono considerare tranquilli. Certo, ora pare che il Governo vieti i viaggi dei tifosi organizzati, ma in fondo i fatti di Arezzo pare siano successi tra gruppettini di amici che viaggiavano in auto, non tra mini-eserciti di tifosi scesi dai pullman.
Nel mirino c’è in particolare la Stradale, soprattutto se si ferma nelle aree di servizio: si creano situazioni che ricordano anche al più distratto l’episodio di ieri. Aggiungiamo che già normalmente gli uomini della Stradale sono molto esposti alle aggressioni: girano quasi sempre in pattuglie singole (da due persone) e la loro attenzione deve dividersi tra i guidatori indisciplinati e i malviventi (questa dicotomia di compiti, che riguarda tutte le forze dell’ordine ma in particolare la Stradale, fa capire ancora meglio ai guidatori il perché di certe apparenti “distrazioni” degli agenti e la necessità di averne di più). Se poi consideriamo che i controlli di velocità sono spesso effettuati in corrispondenza delle aree di servizio (è più sicuro per gli operatori) e – a causa del decreto Bianchi – devono essere visibili, dobbiamo concludere che gli “stradalini” mentre li effettuano restano ancor più esposti del solito.

Il risultato di tutto questo appare scontato: meno autovelox, almeno per qualche giorno. Dunque, il calcio alla fine avrà nuociuto alla sicurezza stradale più di quanto già abbia fatto finora (vi ricordo il post di fine settembre sui rischi causati dai tifosi che scondono dai pullman in autostrada). Senza contare che ci sarà meno sorveglianza anche contro i furti, le rapine e i altri piccoli reati che nelle aree di servizio non mancano (avete presente quelli che fanno il gioco delle tre carte o si avvicinano per vendere oggetti “di valore” a prezzi da “occasionissima”?): le pattuglie non si fermano agli autogrill solo per il caffè e l’autovelox, ma anche per fare prevenzione contro di essi, visto che le società di gestione sono sempre piuttosto allergiche ad assoldare vigilantes privati. Nonostante gli atti di criminalità che si verificano e loro sanno benissimo anche quanti sono.
Discorso diverso per i controlli “al volo” su veicoli fermati e fatti accostare nelle piazzole o per l’uso degli etilometri (che spesso avviene attraverso veri e proprio “pattuglioni”, con tanti agenti e quindi più possibilità di difendersi da eventuali aggressioni.

  • Antonio Bertocci |

    Una notizia – commento che non trovo su nessun media circa la tragedia di Arezzo. Riguarda la presunzione di tifosi e ultras di vivere in un "mondo a parte".
    Lavorando nel centro di Milano, periodicamente invaso dalle orde delle squadre, ne ho contezza: il bardarsi con la sciarpa regolamentare dà di fatto a questi signori una sorta di immunità, purtroppo regolarmente riconosciuta dalle forze dell’ordine. Le auto passano col rosso, i pedoni invadono le strade bloccando il traffico, urla e invettive di persone ubriache sono all’ordine del giorno. Non parliamo di cori, spintoni e pestaggi di presunti avversari nella metropolitana.
    Sempre sotto gli occhi vigili di agenti in assetto da combattimento che hanno ordine di non intervenire: si chiama "contenimento".
    Il risultato è quello di Arezzo: abituati a poter fare di tutto impunemente – illuminante la testimonianza al TG1 del direttore dell’autogrill: "la domenica mattina gli scontri tra tifosi sono ordinaria amministrazione, ma sono due-tre macchine alla volta" – i sopraddetti signori convinti della loro extraterritorialità hanno ingenerato l’equivoco in un agente.
    Impreparato? stressato? nazista con la sindrome del superuomo? sarà il processo a dircelo e non c’è che da invocare rigore.
    Ma non bisogna dimenticare come la tragedia di Arezzo sia frutto della cultura della violenza impunita di cui si nutrono i tifosi. E che poi ci sia andato di mezzo un "ragazzo perbene" è un risvolto ancora più paradossale e amaro della faccenda…

    [risponde Maurizio Caprino] Perfettamente d’accordo. Noi stiamo qui a impazzire sulla sicurezza e sul Codice della strada e chi sta per strada presume che mediamente – normale indisciplina a parte – non accada nulla di strano e quindi "abbassa la guardia". E invece, quando in giro ci sono i tifosi, può davvero succedere di tutto. Esattamente come sull’autostrada Napoli-Bari fino a dieci anni fa, ai "tempi d’oro" del contrabbando di sigarette e dell’immigrazione clandestina in Adriatico: inversioni di marcia, gipponi blindati artigianalmente lanciati a 200 all’ora, poveri immigrati a piedi di notte sulla corsia di emergenza.
    Il fatto che sia morto un "ragazzo perbene" non ci deve far dimenticare quallo che fanno gli altri tifosi e che potrebbe fare danno a chiunque di noi circoli su strada.

  • Stefano |

    Le Autorità accerterranno la dinamica della TRAGEDIA di Arezzo e le responsabilità dell’Agente della Stradale.Comunque si è trattato di un fatto accidentale che non può avere nessun collegamento logico con gli atti deliquenziali PREMEDITATI messi in atto a Milano, Bergamo e , soprattutto, a Roma, da persone che hanno la violenza nel proprio DNA e che devono essere duramente punite per quello che hanno fatto come devono essere puniti i devastatori di Genova al tempo del G8.

  • boris |

    Mettere in relazione il fatto accaduto ad Arezzo con la sicurezza stradale non mi sembra molto corretto. Piuttosto mi domando, visti i sempre maggiori investimenti nel capitolo "sicurezza", se quanto speso in "selezione e formazione del personale delle forze dell’ordine" sia stato spesi in maniera efficace. E a giudicare dai fatti, direi proprio di no.
    Certo, la responsabilità penale è personale, contro l’imbecillità nulla si può, ma – stando alla ricostruzione dei fatti – mettere mano ad una pistola e sparare in quel contesto vuol dire che ci deve essere proprio qualcosa che non funziona all’interno delle forze dell’ordine.
    E per quanto riguarda il calcio e la tifoseria violenta, questo è un altro capitolo che si dovrebbe invece affrontare con la compartecipazione delle società calcistiche ai costi sostenuti dalla collettività per la tutela dell’ordine pubblico e per i danni arrecati in occasione di eventi calcistici.

    [risponde Maurizio Caprino] Per la verità, al momento nessuno di noi può essere sicuro del contesto in cui si sono svolti i fatti: qualcuno dice pure che il poliziotto abbia avuto la percezione non di una rissa tra tifosi, ma di una rapina in atto (e di rapine la Stradale ne vede quante i colleghi delle Volanti cittadine). Insomma, qualcosa che non funziona all’interno delle forze dell’ordine c’è (lo dimostrano i fatti del G8), ma non è detto che questo abbia determinato i fatti di Arezzo: lo sapremo solo in seguito (nel caso del G8 ci sono voluti anni). L’unico fatto certo è che, se i tifosi avessero evitato di azzuffarsi, nessuno si sarebbe sognato di prendere in mano una pistola, nessuno sarebbe morto e tutte le pattuglie oggi potrebbero fare il proprio dovere per la sicurezza stradale senza temere assalti.

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