L’avvocato delle cause vinte e il Comune che va in tilt

Come ha scritto ieri uno di voi su questo blog, l’Italia è la repubblica dei legulei. Oggi vi propongo due storie apparentemente diverse, ma che sono due facce della stessa medaglia: un avvocato ha scritto un libro su come scampare al 99% delle multe (titolo molto indicativo: “Io non pago”) e il Comune di Roma è andato in tilt nell’invio di cartelle esattoriali ai cittadini per verbali di anni fa di cui ha perso il controllo.

L’avvocato si chiama Emilio Ponticiello, è molisano ma – guardacaso – lavora proprio a Roma. Tra gli addetti ai lavori, è noto da anni perché specializzati nel trovare nel Codice della strada “bachi” tali da far annullare un bel po’ di multe. Magari non il 99% come adesso dice lui, ma comunque moltissime. Tra i suoi maggiori successi professionali, l’interpretazione secondo la quale – per com’è formulato il Codice della strada – di fatto chi sosta sulle strisce blu non è tenuto a pagare alcuna tariffa. Nei primi anni, Ponticiello ha lavorato quasi nell’ombra: probabilmente era meglio non scoprirsi, per non dar modo alle “controparti” di parare i suoi colpi. Poi, ricorso dopo ricorso, è diventato sempre più difficile mimetizzarsi e quindi via con interviste ai giornali e due libri per addetti ai lavori. Ora, con “Io non pago” punta a un pubblico più ampio.
Dall’altra parte continua il caos negli uffici del Comune di Roma che si occupano di multe: da qualche mese, inviando migliaia di cartelle esattoriali, è stata “aperta la diga” delle multe non pagate. Non pagare è un vizio diffuso da decenni in Italia, ma stavolta si scopre che non poche tra quelle multe non dovevano essere pagate perché gli interessati hanno fatto ricorso e lo hanno anche vinto. Solo che gli organi che decidono sui ricorsi hanno difficoltà a comunicarne gli esiti al Comune, che quindi non distingue più tra “assolti” e morosi.
Che dire? Purtroppo in queste vicende ci sono tutti gli elementi che hanno portato il sistema allo sfascio, in un circolo vizioso dal quale non si sa come uscire: norme scritte male, cittadine che fanno ricorso, intasamento dei già poco efficienti uffici che si occupano dei ricorsi, archivi inaffidabili (e dire che sono gli stessi archivi che dovrebbero determinare quanti punti abbiamo sulla patente o dire quante altre infrazioni abbiamo commesso, per far applicare le sempre più numerose norme che puniscono i recidivi!), nuove norme più severe, cittadini che si sentono spremuti ingiustamente e s’inventano ricorsi sempre più raffinati o pretestuosi e così via, fino alla paralisi. Dalla quale non usciremo se non faremo tutti un passo indietro: sia la Pubblica amministrazione sia noi.

  • boris |

    Caro Caprino, il 99% delle persone che sale su un mezzo ha come unico desiderio quello di arrivare nella maniera più veloce possibile senza il minimo rallentamento, pertanto tutto quello che si frappone davanti a quest’obiettivo (pedoni, vigili, veicoli più lenti, limiti di velocità, semafori, norme di sicurezza, etc.) è considerato un qualcosa da spazzare via.
    Il problema quindi è di ordine culturale. E in italia, si sa, la cultura non gode di buona salute…

  • giuliano |

    tanto per la cronaca, e considerate le risposte: non sono un pirata della strada. i miei ricorsi sono sempre stati contro le multe-gabelle, quelle palesemente destinate a far cassa dei comuni. altre multe le ho prese e pagate tranquillamente. e sempre per la cronaca, nonostante tutto sono abbastanza rispettoso del CdS (ho tutti i punti della patente e nonostante 80.000 km/anno tra moto e auto sono nella classe più bassa dell’assicurazione). resta il fatto che le leggi fanno pietà: basti pensare che il Cds prevede la possibilità di portare i bambini senza cinture e senza seggiolino, purchè accompagnati da altri bambini più grandi!!. per non parlare del fatto che non prevede in alcun modo omologazioni per seggiolini da moto. il Cds sarebbe da cancellare, non da rispettare

    [risponde Maurizio Caprino] Beh, tra 200 e passa articoli qualcuno si salverà pure. O no?
    Comunque nella mia risposta precedente, quando usavo l’aggettivo "sconfortante", mi riferivo alla situazione in generale, non ai tuoi comportamenti. Tutto mi conferma quello che vidi già 10 anni fa quando seguii personalmente il ricorso di un collega per una multa del tutto infondata: tante carte, tante udienze, il giudice che prima ci fa portare in aula testimoni difficili da contattare e poi non li ascolta neanche e, infine, la sentenza che ci diede torto (quando invece migliaia di furbi che hanno torto riescono a farsi dare ragione). Unica consolazione: ne ricavai un articolo di denuncia, bello e circostanziato. Ma che, a dieci anni di distanza, si potrebbe riscrivere tale e quale.
    Credo che l’unica soluzione sia svelenire il clima, se manteniamo una guerra in corso ci saranno sempre in giro proiettili sparati da ambo le parti (intesi come norme, pastoie procedurali, ricorsi e sentenze) che mancano il nemico e colpiscono "civili inermi".

  • anonimo ma informato |

    Bello leggere come il sacrosanto diritto di tutela contro gli abusi della pubblica amministrazione si trasformi in un banale trucco per non pagare le multe e vanificare le norme del Cds.

    A leggere questi post c’è da avere paura a uscire di casa: ti investono, ti fanno secco e poi… hanno pure ragione (dal punto di vista legale sia ben inteso) lor signori.

    Viene una amarissima riflessione: forse aveva ragione Pol Pot, quando mandò nei campi di rieducazione chiunque portava gli occhiali, ai suoi occhi di fanatico segno incancellabile di un’educazione borghese. Ma questa è un’altra (sanguinosa) storia.

    [risponde Maurizio Caprino] Pol Pot a parte, credo sia tutto vero. Io stesso da anni, a chi mi chiede di che cosa mi occupo, rispondo: "Di tutte le cose che fanno venir voglia di non uscire di casa!".

  • giuliano |

    non sono avvocato e non scrivo libri, ma ho fatto un sacco di ricorsi, per me e per conoscenti, contro il comune di milano per le ZTL e le telecamere abusive, per i divieti di sosta per gli autovelox. tutti vinti (o senza risposta da parte del comune, quindi accettati, ai sensi del CdS). il problema è che le leggi fanno pietà, spesso chi le applica è ignorante e la giustizia non funziona.

    [risponde Maurizio Caprino] Un’altra testimonianza sconfortante, che ci riporta alla realtà di tutti i giorni. Quella che raramente finisce sui giornali, dove ci limitiamo solo a ricordare quali sono le formalità necessarie per presentare un ricorso. Grazie.

  • alexmrg |

    Il post va ben oltre il tema della sicurezza stradale e coinvolge un elemento fondamentale della civile convivenza (e sopravvivenza): il corretto ed equilibrato rapporto tra Cittadino ed Amministrazioni.

    In Italia, storicamente, tale rapporto è sempre stato troppo sbilanciato a favore delle Amministrazioni, situazione che, di rimando, ha finito per creare l’altrettanto storica furbizia nostrana. Un tale problema è prima di tutto di natura culturale e dunque profondamente radicato nell’inconscio collettivo di individui ed amministrazioni.

    [Solo a titolo di esempio e riflessione, notate che su ogni strada esiste sempre un segnale di limite di velocità (a favore di sicurezza, certo ma anche di penalizzazione dei tempi di viaggio) mentre quasi mai la prescrizione di velocità minima (a favore della fluidità del traffico e della portata di deflusso dell’arteria) così che, volendo, si potrebbe quasi essere legittimati ad intralciare il traffico, senza considerare che le infrastrutture viarie hanno costi notevoli e che, per conseguenza, dovrebbero essere utilizzate nelle condizioni di massima efficienza].

    Dunque, superare tale circolo vizioso significa prima di tutto rompere il pregiudizio culturale. Si può fare facilmente, come più volte osservato, istituendo organi di controllo e garanzia che abbiano l’autorità di sanzionare le Amministrazioni (e lo facciano veramente e sistematicamente) nel caso di incongruenze di applicazione dei provvedimenti o disfunzioni palesi sopportate dai Cittadini: l’esempio potrebbe essere l’autorità garante della concorernza di mercato o quella di vigilanza dei lavori pubblici.

    In una società civile il Cittadino non può e non deve essere obbligato a ricorrere alla magistratura per tutelare un proprio diritto contro la pubblica amministrazione.

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