Un autovelox al chilometro e gli incidenti calano del 90%. Almeno a Ladispoli

Cinque chilometri di strada, quattro autovelox fissi, 145 multe al giorno e un incasso di 850mila euro, non male per un Comune non grande ma che ha la “fortuna” di essere attraversato da una strada importante come l’Aurelia. Ma soprattutto – stando alle statistiche della Polizia municipale riportate sabato scorso da “Il Messaggero”, il 90% di incidenti in meno. Questo è il bilancio dell’estate a Ladispoli, vicino a Roma. 

Come al solito, sulle cifre ci si divide: c’è sempre chi colpevolizza la velocità e chi la difende dicendo che i problemi sono altri. In questo caso, probabilmente hanno ragione i primi: stiamo parlando di un tratto a carreggiata unica, pieno di incroci a raso, percorso anche da ciclisti e tranquillamente evitabile da chi vuole andare forte perché lì l’Aurelia è affiancata dall’autostrada A12. Peraltro, anche nei momenti in cui il traffico rende possibili velocità superiori, correre è inutile perché poi ci sono anche semafori e quindi tempo non se ne guadagna.
Dunque, ecco un caso nel quale limitare la velocità serve davvero. Non sarà certo l’unico, ma ciò – lo ribadisco ancora una volta – non vuol dire che tutti i limiti siano giustificati. Anche in questo stesso tratto: sarà interessante capire che cosa succederà quando sarà finita la stagione estiva e quindi il traffico calerà. Di solito, le caratteristiche di percorrenza di una strada “balneare” cambiano radicalmente dall’estate all’inverno, ma i limiti di velocità restano quelli…

  • alexmrg |

    Precisazione.

    Non mi riferivo tanto a fatti specifici in se stessi ma ai principi regolatori generali.

    Le sanzioni amministrative aumentano ma si fatica a vederne il reimpiego sulle strade. Il carico fiscale sui veicoli aumenta ma si fatica a vedere, ad es. l’investimento sul TPL (cioè l’alternativa all’auto).

    Si tratta dunque di capire bene quale sia la causa "politica" che frena la soluzione dei problemi.

  • alexmrg |

    Il post, al di là del fatto specifico, in realtà solleva problemi "politici" ben più pesanti e su cui si dovrebbe ben riflettere, da parte di tutti.

    In effetti, teoricamente, la stessa diminuzione di incidentalità si sarebbe potuta ottenere con interventi strutturali (sostituzione delle intersezioni a raso con rotatorie, adozione delle piste ciclabili, adozione della corsia di accumulo/accelerazione in corrispondenza degli accessi, …) e forse persino aumentando la velocità consentita. Ma non è questo il problema.

    La questione di fondo resta: per quale motivo, tra tutte le soluzioni possibili (e non si invochi la clausola di urgenza!) le Amministrazioni scelgano sempre quella che si traduce esclusivamente in ciò che si può ben definire una forma di tassazione impropria. Francamente sembra ben poco civile, se non peggio.

    Il secondo nodo non da poco è costituito dalla coerenza della norma con la realtà oggettiva, principio giuridico fondamentale e ribadito anche da numerose sentenze passate in giudicato ai più alti gradi. In realtà, le Amministrazioni impongono (a tutela di loro stesse) le prescrizioni alla circolazione sulla base delle più conservative possibili evenienze, anche se queste si verificano per un lasso di tempo residuale rispetto all’utilizzo complessivo dell’infrastruttura. Viene da chiedersi per quale motivo (reale) le prescrizioni (velocità, ma non solo) non possano essere rese, con le opportune cautele, variabili e dunque coerenti con la reale situazione oggettiva (e non si dica che è troppo complicato o troppo costoso: almeno qualche cosa si può sicuramente fare).

    [risponde Maurizio Caprino] Premesso che il primo nodo richiede soldi, volontà e capacità per essere risolto, veniamo al secondo: la cosa da chiarire è che cosa intendiamo per "più conservative possibili evenienze". In altri termini, visto che limiti di velocità e divieti vari sono apposti perché c’è la possibilità che altrimenti si verifichi una certa situazione che provoca incidenti, dobbiamo stabilire quali situazioni vanno considerate e quali no: ce ne sono alcune talmente improbabili che vanno ignorate, altrimenti ci ridurremmo tutti a non uscire di casa perché c’è un remotissimo rischio che per strada possa succederci qualcosa. E qui c’è molto da discutere. Ecco un esempio, per rendere l’idea.
    Giusto l’altra sera, partivo da una località balneare molto popolata d’estate, ma abitata anche d’inverno. Ero sull’unica strada che consente di entrare e uscire dal centro abitato: un lungo rettilineo, fiancheggiato qua e là da negozi, trattorie e stazioni di servizio e probabilmente per questo vi sono da sempre il segnale di divieto di sorpasso e il limite a 70. Erano le 23 e viaggiavo a 70 dietro due o tre auto. Ho visto negli specchietti un’Audi Q7 che inizialmente si è accodata, poi ci ha sorpassati tutti. Ha commesso un’infrazione pericolosa o ha semplicemente ignorato restrizioni "troppo conservative"? Dato che non c’era nessuno ed eravamo in rettilineo, sembrerebbe buona la seconda ipotesi. Poi mi sono ricordato una ricostruzione di incidente in 3D che ho visto allo stand della Polizia al Salone della sicurezza di Riva del Garda, a inizio maggio: si riferiva a un incidente in cui chi sorpassava ha preso in pieno un ciclista che veniva in senso contrario in piena notte, facendogli fare una fine orribile. La ricostruzione era raccapricciante pur senza che si vedesse il sangue: bastava sentire l’audio del botto. Alla luce di questo e del fatto che il sorpasso dell’altro giorno è avvenuto in una località di villeggiatura sempre di notte, non mi sembra poi così improbabile che dall’altra parte potesse arrivare una bici…

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