Con i nubifragi di questi giorni sul controesodo nel Nord Italia, si ripropone il problema di far rispettare i limiti di velocità. Siamo nella situazione assurda di avere introdotto (dal 2003) una restrizione rispetto ai limiti generali (in caso di “precipitazioni di qualsiasi tipo”, 110 anziché 130 in autostrada e 90 anziché 110 sulle strade extraurbane principali) e non poter effettuare quasi alcun controllo. Infatti, con la pioggia, gli apparecchi tradizionali hanno difficoltà tecniche che li rendono meno efficaci del solito, soprattutto nel fotografare i veicoli. Meglio potrebbero funzionare i Tutor (i sistemi di rilevazione della velocità media, presenti su circa 500 chilometri di autostrade e in rapida estensione), che hanno una telecamera che vigila da vicino su ciascuna singola corsia; ma proprio il fatto che quattro anni fa ci siamo presi la briga di fare una legge per abbassare i limiti sul bagnato rende i Tutor giuridicamente inutilizzabili in queste circostanze. Infatti, il loro decreto di omologazione – giustamente – prescrive che possano essere utilizzati solo quando la velocità consentita è uguale per tutto il tratto sottoposto a vigilanza. Quindi, se piove, bisognerebbe avere la certezza assoluta che non ci sia neanche un metro asciutto, il che è di fatto impossibile da appurare. Così il Tutor deve restare spento.
Certo, può anche essere fatto funzionare come rilevatore della sola velocità istantanea nel punto in cui è collocato, ma è chiaro che così il suo effetto deterrente sarà limitato a pche centinaia di metri e non alle decine o centinaia di chilometri che ha normalmente.
Insomma, fare leggi restrittive che rendono più difficili i controlli è un vecchia vizio italico. Il decreto Bianchi di questi giorni sta solo perpetuando la tradizione.