Si fa presto a far scrivere dai giornali che si sta investendo e s’investirà per aumentare i controlli su strada. Si può anche far finta di investire con i soldi altrui (come fa qualche uomo di governo quando parla del Tutor, il sistema di controllo della velocità media, che in realtà è stato messo a disposizione della Polizia stradale da Autostrade per l’Italia). E si può persino fare qualche investimento qua e là. Ma resta un dato di fatto: le tecnologie da “Grande fratello” su strada non sono una priorità strategica. Lo ha scritto la Commissione permanente per l’innovazione tecnologica nelle Regioni e negli Enti locali, nelle Linee guida redatte nell’aprile scorso e allegate allo schema di accordo col Governo in materia di infomobilità: tra gli interventi indicati come “a elevata priorità”, ci sono la gestione del trasporto merci e di quello pubblico per passeggeri, il road pricing, le zone a traffico limitato e i semafori intelligenti (quelli che adeguano i tempi del rosso e del verde al traffico effettivo del momento). I sistemi di controllo delle infrazioni da montare su strada e le “scatole nere” da montare sui veicoli sono solo classificati “di media priorità”.
Certo, la Commissione non è l’organo più importante che decide su questa materia. Certo, si può anche investire attraverso altri canali. Certo, molti saranno anche contenti perché temono che sui guidatori incomba un Grande fratello insopportabile. Ma intanto di interventi decisivi non se ne vedono ancora: pensate che uno dei “protagonisti” di quest’estate in autostrada, l’Autovelox fisso montato sul cantiere dell’Autosole a Casalecchio (Bologna), in realtà è stato donato da Autostrade per l’Italia, probabilmente per tacitare le proteste della comunità locale dopo un grave incidente.