Se vogliamo autocompiacerci, facciamo pure: l’importante è sapere che ci stiamo prendendo in giro. Il clamore dei giorni scorsi sul divieto di fare leva sulla velocità nei messaggi pubblicitari delle auto (inserito dalla Camera nel Pacchetto Bianchi ora al vaglio del Senato) non sembra giustificato dai fatti: sapreste indicare subito 10 spot recenti che inneggiavano alla velocità? Io no.
La verità è che di questo divieto si parla da vent’anni ed effettivamente all’epoca si esagerava: si usava la velocità persino per vendere una tranquillissima utilitaria (“di potenza ne ho tanta, vado a centocinquanta”, recitava ingenuamente nel 1985 il jingle pensato per la versione diesel della Renault Supercinque). Ma di questi tempi le case automobilistiche, per non dare nell’occhio, tendono ad autodisciplinarsi sulla velocità. Quindi il divieto votato dalla Camera l’altro giorno lascia il tempo che trova.
Piuttosto, occorrerebbe intervenire su messaggi molto più sottili, ma anch’essi pericolosi. Di recente si sono visti spot con utilitarie che girano in città sgusciando dappertutto, dando al potenziale cliente l’illusoria sensazione di poter fare ciò che vuole guidandole nel traffico. Ricordo che in città accade il maggior numero di incidenti in assoluto. E, a chi obietta che la mortalità è più bassa che fuori città, rispondo che spesso in città a morire sono gli “utenti deboli”: pedoni (tra cui molti bambini e anziani) e ciclisti. Mi sembra abbastanza per chiedere alle case di darsi una regolata anche su questi spot. Imporre un ulteriore divieto sarebbe difficile (come dovrebbe essere formulata la norma?) e comunque nel giro di poco tempo si troverebbero altri messaggi pubblicitari pericolosi.