A volte i giornali finiscono con l’essere involontariamente umoristici. Prendiamo tutti quelli che di recente hanno dato notizia della diffusione dei dispositivi d’allarme contro i colpi di sonno, che scattano quando rilevano il superamento della riga di mezzeria o di quella di margine senza mettere la freccia. A parte l’ironia sugli italiani che non mettono la freccia, viene da domandarsi come può funzionare un dispositivo del genere su strade dove le strisce o non ci sono o sono sovrapposte a causa di incuria e lavori in corso. E’ il caso della statale Jonica (la SS 106 Reggio Calabria-Taranto), citata da alcuni di voi come esempio negativo già nei primi giorni di vita di questo blog. Come promesso, ne ho percorsa dal primo all’ultimo metro (sono in tutto 500 chilometri). Ecco com’è andata.
Nei giorni normali, traffico, attraversamenti di centri abitati e cantieri non consentono grandi velocità (alla fine la mia media è stata inferiore ai 50). Ma di sicuro non ci si annoia: le caratteristiche del tracciato variano di continuo. Anche se ci limitiamo a considerare i 130 chilometri più importanti, quelli da Taranto a Sibari (Cosenza), battuti anche dal traffico di lunga percorrenza (che poi a Sibari, salvo quello diretto nel Crotonese, devia verso la disastrata Salerno-Reggio, perché la Jonica non è comunque un’alternativa credibile all’autostrada). Si alternano pezzi di superstrada con spartitraffico (spesso inadeguato) centrale, strettoie da strada consolare di epoca fascista (con qualche ponte ancora più stretto, dove se si trova un camion si va a senso unico alternato) e tratti a carreggiata unica ma allargata. Tra questi ultimi, vanno distinti quelli degli anni Settanta (come quello lucano del Metapontino, il Sibari-Rossano nel Cosentino e quello tra Crotone e Catanzaro) da quelli creati ex-novo negli anni Ottanta (che si alternano a pezzi di consolare a nord di Sibari): i primi hanno incroci a raso e accessi laterali (quindi sono più pericolosi, perché quando non ci sono camion la larghezza invita alla velocità), i secondi no, ma hanno problemi anche loro. Buche a parte (ne parleremo poi), i pericoli maggiori s’incontrano in corrispondenza degli svincoli: molti sorpassano semplicemente dopo aver visto che nessuno sopraggiunge in senso opposto, ma senza calcolare che all’ultimo momento potrebbe anche materializzarsi qualcuno proprio dagli svincoli, che oltretutto hanno corsie di accelerazione tanto corte da costringere a “buttarsi” subito a centro strada. Un altro problema sono le pendenze (inusualmente elevate per un tratto a scorrimento veloce) e la visibilità sui viadotti che scavalcano Trebisacce (Cosenza), che creano problemi nei sorpassi.
E dire questi tratti erano stati costruiti proprio per rendere più facili i sorpassi. Il fatto è che la quota di camion resta sempre molto alta, su un traffico che nel frattempo è anche cresciuto, sia pure senza raggiungere la congestione di buona parte delle strade del Nord Italia: lo si vede dalla sempre maggior lunghezza delle code estive al semaforo di Nova Siri (Matera, al confine con la Calabria), l’unico “sopravvissuto” tra Taranto e Sibari (negli ultimi anni sono stati finalmente eliminati quelli di Policoro e Scanzano, sempre nel Materano).
Insomma, i problemi sembrano gli stessi di trent’anni fa, nonostante gli ampliamenti (peraltro mai terminati: il Metapontino, l’Alto Jonio cosentino e alcuni tratti del Reggino sono un cantiere perenne). Problemi che da decenni fanno attribuire alla 106 l’etichetta di strada della morte. Ma, se vi fermate a parlare con gli utenti abituali della Jonica (e lo sentirete uno dei prossimi venerdì sera in Tvsette del Tg1, una cui troupe ha fatto il viaggio insieme con me), scoprite che li hanno dimenticati: ora tutti vi parlano delle buche sull’asfalto. In effetti, conosco la strada dal 1979 e non ricordo di averla mai vista in queste condizioni. Credo di aver trovato una pavimentazione migliore persino nel Kosovo del 2000, uscito da pochi mesi dai bombardamenti della Nato. Eppure quello dell’asfalto sembra essere più che altro un problema di decenza, confort per le persone e integrità meccanica dei veicoli, non di sicurezza: l’Osservatorio costituito dalla Provincia di Cosenza (uno dei pochi d’Italia) segnala che nel territorio di sua competenza (dove passa un pezzo lungo e importante della 106) ci sono più incidenti nei tratti dove tutto è regolare. Insomma, le buche tengono desta l’attenzione e fanno rallentare. Ma non è un buon motivo per lasciare tutto così com’è. Anche perché prima o poi capiterà qualcuno che di notte (quando è possibile correre) non vedrà una buca e innescherà una carambola pericolosa. Speriamo che l’Anas provveda prima.