Sorpresa: il Pacchetto Bianchi slitta di almeno un mese

Dunque, la fretta di approvare il Pacchetto Bianchi è durata solo per la Settimana della sicurezza stradale. La discussione parlamentare sulle misure -varate dal Governo quasi due mesi fa sull’onda di emozione e polemiche che le facevano apparire urgenti – è solo incominciata in quei giorni della settimana scorsa. Adesso, consultando il calendario parlamentare, si scopre che si riprenderà il 29 maggio. Senza alcuna fretta, quindi. Tanto che verosimilmente dovrà slittare la data a partire dalla quale chi prende la patente potrà guidare solo auto poco potenti.

La speranza è che questo ritardo sia invece dovuto alla volontà di meditare meglio sulle novità contenute nel Pacchetto. Alcune convincono poco (si vedano i primi post di questo blog e i relativi commenti) e la materia è certamente complessa. Però, se il problema fosse questo,lo si potrebbe comunicare alla stampa, senza lasciare che qualcuno scoprisse tutto solo consultando i calendari parlamentari. Una cosa del genere, infatti, lascia il sospetto che il ritardo sia semplicemente dovuto al fatto che al momento per la politica la sicurezza stradale non è una priorità.

  • alexmrg |

    Brutto, sicuramente, ma l’emblematicità era riferita alla volontà politica e non all’impossibilità tecnica. Provo a proporre un esempio, a puro titolo di riflessione.
    In ambito urbano si verifica il maggior numero di incidenti, in particolare a carico degli utenti deboli (pedoni). Ora, esistono tessuti urbani (ad es. come Torino e Milano) caratterizzati da arterie costituite dal sistema c.d. viale+controviale (strada di servizio) in cui “tutto” interseca “tutto” con evidente propagazione di interferenza e quindi pericolosità.
    Si potrebbero dunque istituire le c.d. “zone 30” perimetrate da arterie di scorrimento (veramente) veloce. La cosa risulterebbe relativamente facile eliminando ovunque possibile, con barriera, l’intersezione da controviale (che in tal modo funzionerebbe da corsia di accumulo ed immissione) a viale (che avrebbe il ruolo di scorrimento veloce, senza interferenza con il traffico pedonale). Sui viali le intersezioni semaforizzate si ridurrebbero grandemente, mentre nelle zone 30 possono essere sostituite da rotatorie.
    La penalizzazione risultante (parziale) al traffico locale potrebbe sostituire le politiche di split modale oggi basate sulla leva fiscale/amministrativa, con un risultato se non altro più equo.
    [risponde Maurizio Caprino] Certo, dov’è possibile si potrebbe anche provare. Ma ci sono vaste aree del Paese (come il Sud) dove praticamente non ci sono nemmeno i viali, figurarsi i controviali…

  • alexmrg |

    Nell’attesa di valutare con obiettività il provvedimento definitivo, sembrano opportune alcune osservazioni sulla regolazione, senza addentrarsi nello specifico delle singole misure, che richiederebbe ben altro approfondimento.
    Anzitutto una critica. E’ sempre più diffuso, in materia, il principio dell’inasprimento delle sanzioni, che è eventualità negativa e come tale non accettabile. A prescindere dalle questioni legali di equità e proporzionalità della pena, la pedagogia insegna che l’effetto educativo (di conformità sostanziale e non solo formale alle norme) dipende dall’equilibrio tra premio e punizione: una regolazione sbilanciata sulla sanzione (o peggio ancora un inasprimento della sanzione) finisce per rendere l’effetto contrario, poiché impedisce il riconoscimento del valore intrinseco della norma.
    Presupposto necessario è che la norma sia ragionevole ed equilibrata, ovviamente. Ora, la circolazione stradale (e quindi pure la relativa sicurezza) è un fenomeno piuttosto complesso derivante dall’interazione reciproca uomo/macchina/strada. A riguardo della macchina poco è da dire: sono evidenti i progressi tecnologici. Non così per l’infrastruttura che soffre un cronico ritardo di efficienza. Il nuovo CdS fu emanato nel 1992: solo nel 2000 venne emanato il decreto sulle norme funzionali e geometriche delle strade, solo nel 2006 è stato emanato il decreto di regolazione delle intersezioni (che, per inciso, riprende in parte risultanze dell’analisi tecnica del TFHRC americano ed addirittura la fig. 10 è identica con la sola traduzione della lingua) e ad oggi, dopo 15 anni non è ancora stato emanato il decreto sugli accessi che, come noto rappresentano punti singolari di particolare pericolo. Ed il tutto a prescindere dall’adeguamento dell’esistente, che rappresenta un problema emblematico se si volesse evitare di costruire nuove arterie.
    Relativamente all’uomo, pur senza avere ad oggi conoscenze esaurienti, sappiamo che il suo comportamento dipende da un processo cognitivo-percettivo piuttosto articolato. Pensare di concedere patenti di guida sulla base della sola conoscenza formale del CdS senza sapere quale sarà la risposta del conducente in quel certo contesto ed in quel certo momento è semplificazione irrealistica. E ciò vale simmetricamente per le regole di comportamento alla circolazione imposte per via legale-normativa. Del resto, sappiamo che gli stili veramente pericolosi (guida distratta e guida aggressiva) possono essere considerati residuali, mentre è frequente la possibilità di commettere errori (spesso involontari): l’impianto normativo deve poter attenuare tali errori e non amplificarli come spesso oggi succede, senza alcuna necessità di criminalizzazione.
    Per finire, nessuna regolazione può avere successo senza il coinvolgimento del regolato: l’automobilista. Mi si permetta una analogia (anche se molti la troveranno non pertinente): gli incidenti sul lavoro. In questo caso l’esistenza di istituti di rappresentanza di parte (imprenditori, lavoratori) obbliga il legislatore ad adottare soluzioni certo non ottimali, ma sicuramente equilibrate. Nel caso della circolazione stradale non esiste un istituto riconosciuto di rappresentanza, motivo per cui pur se gli automobilisti rappresentano numericamente una larga maggioranza, di fatto godono di un potere contrattuale ininfluente. Inutile ripetere che senza un elemento di controllo/equilibrio alle Amministrazioni preposte, ogni modifica del CdS finirà per essere nulla più che un atto formale.
    [risponde Maurizio Caprino] Il brutto è che invece non si può prescindere dall’adeguamento dell’esistente: non sono all’orizzonte grandi programmi di costruzione di infrastrutture ex novo. Infatti, giusto l’altro ieri durante il Siss (il Salone della sicurezza stradale promosso dall’Aci a Riva del Garda) il viceministro dei Trasporti, Cesare De Piccoli, ha chiarito che i 53 milioni stanziati in Finanziaria per la sicurezza dopo quasi tre anni di "digiuno" (si veda anche la prima pagina del Rapporto allegato al Sole-24 Ore del 27 aprile) non andranno a interventi infrastrutturali.

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