Quando un giornalista scrive di sport motoristici, prima o poi gli scappa la solita frase: “Le corse servono al progresso dei veicoli di serie”. Non mi avventuro a criticare questo concetto. Mi sta più a cuore aggiungere che le corse hanno spesso un effetto contrario sui conducenti: molti si mettono al volante della loro auto e si comportano come se si trovassero in pista e questo fa solo male. Perché la strada è tutta un’altra cosa. Con l’aggravante che i piloti veri hanno davvero il controllo dell’auto, mentre ai guidatori di tutti i giorni non bastano centinaia di ore di sport davanti alla tv per imparare anche le cose più banali come la posizione corretta al volante e la scelta della traiettoria (l’ho scritto sul questo blog il 12 marzo). Eppure tutti pontificano sull’abilità di questo o quel pilota…
Qui mi limito a descrivere innanzitutto le conseguenze nefaste del comportamento “da corsa” sulla viabilità. In sintesi, il “pilota da strada” cerca sempre di rosicchiare qualcosa agli “avversari”, non accorgendosi che la maggior parte delle volte ciò è inutile e dannoso. Due esempi banali. Col primo mi riallaccio al post precedente a questo (“Bianchi s’impegna sulla segnaletica, ma non illudiamici”): se spesso i cartelli che abbassano i limiti di velocità sono piazzati molto in anticipo rispetto al pericolo che impone di rallentare, la colpa è proprio dei “piloti”, che hanno il viziaccio di frenare all’ultimo momento. E’ così iniziata da anni una guerra tra i responsabili delle strade e i “piloti”: i primi cambiano la segnaletica per inasprire sempre più obblighi e divieti imposti su un determinato tratto, i secondi -dopo un primo periodo di riflessione- capiscono che di fatto la strada è rimasta invariata e trasgrediscono anche i nuovi segnali, per cuii a quel punto ne vengono messi altri ancora più severi. Classica situazione di furbizia collettiva che alla lunga va a scapito di tutti.
Secondo esempio. Quando guidate in autostrada sulla corsia di sorpasso, avete per caso l’abitudine di buttare l’occhio anche qualche centinaio di metri avanti, per vedere se per caso vedete l’inconfondibile sagoma di un camion o di un bus? Serve per rallentare e lasciare che il mezzo pesante rientri sulla destra. E invece i “piloti”, da veri temerari, tengono giù il piede sull’acceleratore e “staccano al limite”, giusto un attimo prima di incastrarsi sotto il bisonte della strada. Ammesso che azzecchino la manovra, avranno consumato inutilmente carburante e freni. Se sbagliano, provocano un incidente e fanno stare in coda altre centinaia di persone che magari avrebbero anche diritto ad arrivare a destinazione in tempo.
Glisso sulle conseguenze più truculente di questi incidenti, preciso che comportamenti del genere possono anche tenerli persono che rispettano i limiti di velocità (per cui ribadisco che questi limiti nella sicurezza stradale non sono tutto) e attiro la vostra attenzione sul fatto che dà piacere di guida anche togliere il piede dall’acceleratore con centinaia di metri di anticipo, per dosare un rallentamento in modo da arrivare all’altezza del mezzo pesante senza frenare ed esattamente quando quest’ultimo rientra a destra (richiede di calcolare tempi e spazi proprio come in una staccata al limite, ma è infinitamente più sicuro), in modo che si possa riaccelerare proprio in quel momento.
Potrei continuare con mille esempi di “piloti” che creano pericoli (per esempio, non mantenendo la distanza di sicurezza) o intralcio (per esempio, scavalcando la coda al semaforo per “guadagnare la pole position” davanti alla striscia d’arresto e poi ripartono in ritardo sul verde perché da quella posizione non vedono più il semaforo).
E invece chiudo con l’aspetto più ridicolo e tragico al tempo stesso. Se uno osservasse con attenzione le corse di oggi, scoprirebbe che i piloti (quelli veri) guidano a braccia flesse, col busto vicino al volante. E invece molti automobilisti di tutti i giorni continuano a credere (talvolta “aiutati” da certi luoghi comuni che si leggono sulla stampa) che la posizione di guida sportiva sia ancora quella a braccia allungate e continuano ad adottarla. Commettono un tragico errore, perché quella posizione fa perdere il controllo del veicolo: in curva, la forza centrifuga sposta il busto verso l’esterno e quindi ha aumentare la distanza tra guidatore e volante. Chi ha già una posizione a braccia distese dovrà come minimo staccare la spalla dal sedile per conservare la presa e comunque non avrà la forza fisica per eseguire una controsterzata di emergenza (ammesso che sappia farla). Guidare a braccia flesse, invece, consente di mantenere il volante ben saldo tra le mani in ogni situazione.
Ultima cosa e chiudo davvero: i “piloti” sono sempre abituati a tirare le marce come quelli veri, ma ormai da qualche anno non dovrebbero più farlo perché in questo modo…perdono velocità! Infatti, le auto a gasolio moderne (che ormai sono il nerbo del parco circolante italiano) hanno motori in grado di dare il massimo in una fascia bassa di regimi, tra i 2.000 e i 3.000 giri. Tirare oltre è inutile, perché il motore non ha più nulla da dare. Per le auto da corsa vale l’esatto contrario e la Formula Uno estremizza il concetto, arrivando a regimi superiori ai 15.000 giri.