Dopo le cattive notizie del post precedente sulla messa in sicurezza delle strade, veniamo a quelle buone sullo stesso fronte: il Governo ha sbloccato il recepimento della direttiva Ue 2008/96, che prevede analisi e controlli sui rischi già in fase di progettazione e un costante monitoraggio per individuare i tratti più a rischio, dove poi è obbligatorio intervenire per migliorare l'infrastruttura. Gli interventi di miglioramento verranno decisi in base a un'analisi costi-benefici che dovrà comprendere pure il costo sociale degli incidenti, finora sostanzialmente ignorato. Si dovrà anche tener conto della necessità di proteggere di più gli utenti deboli (pedoni e ciclisti) e quelli vulnerabili (motociclisti, principalmente con guard-rail che non li facciano incastrare sotto le lame quando cadono, che però ad oggi esistono prevalentemente sulla carta).
C'è da essere soddisfatti: non solo per il fatto in sé, ma anche perché si è andati oltre il minimo indispensabile, stabilendo che la direttiva sarà applicata obbligatoriamente su tutta la rete stradale di interesse nazionale (quindi anche sulle statali, mentre ci si sarebbe potuti limitare ai tratti italiani dei grandi itinerari compresi nella rete transeuropea). Ma anche in questo caso non mancano le note negative.
A cominciare dai tempi: in realtà, il recepimento non è ancora avvenuto, perché c'è solo uno schema di decreto legislativo licenziato dal Consiglio dei ministri il 13 dicembre e vistato dalla Ragioneria dello Stato, ora in attesa di passare l'esame di Conferenza unificata e commissioni parlamentari prima della definitiva emanazione in Consiglio dei ministri. Inoltre, per fissare alcuni dettagli applicativi, il ministero delle Infrastrutture avrà tempo fino a fine anno. Per vedere applicata la direttiva sulle statali non comprese negli itinerari internazionali, poi, occorrerà attendere 10 anni, lo stesso tempo che avranno Regioni e province autonome per adeguare le proprie norme (valide per le strade locali), visto che il decreto di recepimento considera la direttiva come una norma di principio anche per loro.
L'altro punto sul quale il giudizio deve quantomeno restare sospeso è il rapporto controllori-controllati. In pratica, già oggi un minimo di controllo viene fatto, ma con risultati quantomeno controversi dovuti anche al fatto che ci sono intrecci tra i vari soggetti in campo. Per il futuro, è previsto un albo specifico di controllori, che dovranno essere ingegneri opportunamente formati con corsi ad hoc (dettagli da definire entro un anno) e indipendenti. Ma come si fa a garantire l'effettiva indipendenza di un tecnico che fa il professionista e come tale domani, tolta la veste del controllore, ha non poche probabilità di concorrere per ottenere una commessa dai soggetti che ha appena controllato? Conosco ingegneri liberi professionisti che volevano segnalarmi qualche magagna su strade già aperte da anni, ma si sono cuciti la bocca altrimenti non avrebbero più potuto lavorare con questo o quel committente.
Il fatto che si tengano in considerazione i costi sociali è lodevole, ma si riuscirà a calcolarli correttamente? Lo schema di decreto legislativo, anche come presupposto per quantificarli, prevede che il ministero debba aprire un fascicolo su ogni incidente grave, considerando anche il ruolo eventualmente svolto da cause oggi praticamente ignorate, come la presenza di ostacoli fissi (alberi, pali della luce eccetera) a bordo strada, l'inadeguatezza dei guard-rail, la prontezza dei soccorsi eccetera. Tutte cose che oggi appaiono fantascienza, in un'Italia dove già si fa fatica a tenere correttamente anche il solo conto dei morti.
Infine, i soldi. Lo schema del decreto legislativo dice che tutto questo allo Stato non deve costare un centesimo. Eppure, se si vogliono fare le cose, occorre pur spendere: non a caso, lo schema del provvedimento riconosce ai gestori delle autostrade la possibilità di tener conto di questi costi nei calcoli per ottenere l'adeguamento dei pedaggi. Sulla rete Anas, considerando che nel frattempo sono stati tagliati anche i fondi per la manutenzione, tutto resta legato al flusso finanziario che continuerà ad arrivare (in che misura?) dallo Stato per la realizzazione di nuove opere e dall'istituzione dei pedaggi sulle autostrade e i raccordi autostradali che attualmente sono gratuiti e dalla quota di "sovrattassa" scattata l'estate scorsa sulle tariffe delle autostrade già a pagamento. Basteranno queste cose per rimettere in sesto una rete non di rado disastrata? E come si arrangeranno Regioni e Province sulle loro reti?