Ora che le notizie sulla tragedia di Vasto sembrano stabilizzarsi, forse una parola si può dire. Se un vedovo (Fabio Di Lello) uccide a colpi di pistola chi (Italo D’Elisa) sette mesi prima aveva ucciso sua moglie (Roberta Smargiassi) in un incidente stradale passando col rosso, forse non è solo perché ci sono persone meno attrezzate di altre a sopportare dolore e sconforto. Forse la tragedia non va archiviata come un qualsiasi fatto di cronaca brutta, cioè indulgendo su emozioni che poi filtrate dai media sembrano tutte uguali, tutte di plastica. Forse è una questione di sistema sanzionatorio: dopo anni che lo si invocava, forse il reato di omicidio stradale non era la risposta giusta.
Infatti, pare che il vedovo che ieri ha assassinato l’omicida stradale di sua moglie fosse esasperato per il fatto che sette mesi non fossero ancora bastati per dargli giustizia. E l’omicidio stradale è stato introdotto proprio per l’ansia – comprensibile di alcuni e demagogica di altri – di dare giustizia ai parenti delle vittime. Così, forse, si sono alzate le loro aspettative. Per esempio dicendo che ora si va in carcere subito e tacendo che comunque se non ci sono esigenze cautelari chi viene arrestato subito non può che essere rimesso in libertà dal giudice subito dopo.
Inoltre, l’omicida stradale non era stato ancora condannato dopo sette mesi. Anche questo è normale: bisogna quantomeno fare le perizie. Che non sono uno scherzo, soprattutto quando ci sono in ballo pene come quelle previste per l’omicidio stradale.
Il sistema italiano non può reggere questo. Le pene precedenti non hanno fatto sì che si selezionasse la migliore classe di periti possibile e che i magistrati trattassero gli incidenti stradali con lo stesso impegno che mettono per reati professionalmente “qualificanti” come quelli di mafia.
Inasprire le pene non basta per cancellare tutti questi limiti del sistema. Anzi, li evidenzia. E può frustrare le aspettative dei parenti delle vittime, dopo averli illusi facendo leva sul loro desiderio di giustizia, che poi non di rado (e comprensibilmente) ha confini labili col desiderio di vendetta.