Dieci anni fa, quando le attuali norme antinquinamento Euro 6 erano in gestazione, i giornalisti molto specializzati in tecnica dell’auto diedero l’allarme: quelle norme avrebbero rischiato di far costare i diesel tanto da cancellarli dal segmento delle utilitarie e forse anche da quello delle medie. Oggi solo poche utilitarie hanno rinunciato al diesel, motori 1.3 come il Fiat sono addirittura cresciuti in potenza e coppia in certe configurazioni e da semplici millesei come i biturbo Opel e Renault si tirano fuori 160-165 cavalli. Tanti quanti ne aveva dieci anni fa il duemila Bmw nella sua versione più prestante, il non plus ultra dell’epoca (gli altri erano sui 140-150). Quanto a coppia, i motori medi più brillanti vanno sui 350 Nm e anche più, mentre all’epoca i 300 sembravano un muro invalicabile. Forse sta in tutte queste cifre la spiegazione del Dieselgate.
Infatti, quei giornalisti non erano visionari: erano semplicemente persone che parlavano coi tecnici delle case automobilistiche ed erano abbastanza preparati per intuire se fossero sinceri o no. In altre parole, capivano se le case intendessero strumentalizzarli come megafoni di preoccupazioni che, una volta finite sui giornali, avrebbero creato il clima giusto per far addolcire le norme di cui allora si discuteva. E già all’epoca si sapeva quali evoluzioni avrebbe avuto la tecnologia (impianti di iniezione common rail a pressioni sempre più elevate, catalizzatori Scr selettivi con urea). Nessun’altra invenzione miracolosa è stata messa in produzione nel frattempo.
Dunque, se le profezie di sventura dell’epoca sono state smentite, deve essere accaduto qualcosa che ci sfugge. Questo qualcosa potrebbe proprio essere il fatto che le case automobilistiche hanno più o meno tutte sfruttato gli spazi lasciati da quelle norme per far sì che, in condizioni di guida normali, le emissioni inquinanti di NOx (ossidi d’azoto) fossero ben più alte che nei test ufficiali di laboratorio.
Probabilmente qualcuno ha investito più degli altri e ora pare al riparo dalla bufera scatenata dal moltiplicarsi di test da parte di istituzioni degli Stati e organizzazioni ecologiste. È il caso della Bmw. Qualcun altro (Mazda) ha scelto soluzioni diverse, come tenere alta la cilindrata e basso il rapporto di compressione.
Ma gli altri si sono buttati tutti sul downsizing, che qualche limite c’è l’ha e ora lo sta mostrando. Forse è anche per questo che un modello recente come l’Alfa Romeo Giulia (assieme alle Jeep medio-grandi) ha aumentato la cilindrata dai classici due litri della sua categoria ai 2.2. Curiosità suscita il nuovo 2 litri Mercedes che ha debuttato ora sulla nuova Classe E sostituendo il collaudato 2.2: dovrebbe essere tanto sofisticato e costoso (tanto la Mercedes è una delle poche case a potersi permettere il lusso di non badare troppo a contenere prezzi) da sopportare il downsizing.