Che effetto vi ha fatto il documentario trasmesso ieri sera da Raitre sull’enorme diffusione della droga in Italia? Se ne era parlato molto nei giorni scorsi, ma a me (a parte il piacere di vedere finalmente un’inchiesta giornalistica girata in presa diretta, che si presterà pure a manipolazioni e interpretazioni, ma è sempre meglio di tante cose fatte dalla scrivania con un paio di telefonate e immagini d’agenzia) ha solo confermato le statistiche diffuse questa primavera dal ministro dell’Interno. Quindi, ripeto ciò che scrissi all’epoca (nel post “Il tossico della corsia accanto”): non possiamo pensare che tutta questa gente se ne stia tranquillamente a casa quando ha la droga in corpo, per cui dobbiamo sempre mettere in conto quest’eventualità ed essere ancora più prudenti e tolleranti verso le scorrettezze altrui (anche perché, se ci mettiamo a litigare, nessuno ci garantisce di avere a che fare con una persona che è perfettamente in sé).
Voglio anche attirare la vostra attenzione su uno dei passaggi iniziali del documentario: un ex-cocainomane che per lavoro deve passare 12 ore e più al giorno su un furgone per fare quante più consegne possibile (la paga dipende dal loro numero). Secondo la testimonianza di questo autista, molti suoi colleghi per reggere a questi ritmi andrebbero avanti con la cocaina. Che -com’è noto – non fa percepire i rischie dunque fa commettere ancora più infrazioni di quelle necessarie per portare a termine tante consegne. Insomma, a volte dietro l’efficienza e la competitività sbandierate nei comunicati stampa a volte c’è questo. Ed è la faccia più nascosta degli infortuni sul lavoro di cui in questi giorni si straparla dopo il tragico incendio nell’acciaieria di Torino.