E va bene per i mesi scorsi, quando le scorte da smaltire erano colossali. Ma perché anche adesso i costruttori di automobili sono così opachi sullo standard antinquinamento Euro 6? Possibile che solo la pubblicità dalla Mazda riporti correttamente che si tratta di Euro 6D-Temp?
La questione non è da poco: nel caso delle auto a gasolio, è in ballo la possibilità di circolare più a lungo nei grandi centri urbani soggetti a limitazioni strutturali del traffico. A Milano, per esempio, il vantaggio di acquistare oggi una Euro 6D-Temp invece di un fondo di magazzino Euro 6B a gasolio (nemmeno sempre a prezzi da saldo) è di cinque anni (tre anni se la stessa Euro 6B è stata immatricolata entro il 31 dicembre scorso, quindi si tratta di una km zero).
Come vedete, sono questioni cruciali, che meritano la massima trasparenza. Ci sto lavorando da mesi, con vari articoli e interventi alla radio e alla televisione. Altri negli ultimi mesi stanno cercando d’informare con correttezza. Questo mese, per esempio, è la volta di Altroconsumo, che lo fa anche con gli accenti forti che la questione merita.
Sarebbe importante se, per una volta, remassimo tutti dalla stessa parte. E invece…
Nel pubblicizzare le versioni riomologate dei loro modelli, Citroen, Peugeot e Ford parlano di un inesistente Euro 6.2. Non sarà per caso una formulazione volutamente equivoca per favorire lo smaltimento delle rimanenze e dei modelli che non saranno mai riomologati, facendo in modo che la gente confonda le nuove Euro 6D-Temp con le precedenti Euro 6B (essendo la B la lettera numero 2 dell’alfabeto)?
Invece, la Toyota, non ha alcun interesse a fare confusione: la sua supremazia sull’ibrido (unita alla sua storica debolezza sul diesel) fa sì che non abbia nulla da temere a essere trasparente. E invece ora pubblicizza le sue auto come “Wltp approved”, quindi fa riferimento all’altro nuovo regolamento di omologazione europeo, che riguarda però non lo standard antinquinamento ma i consumi e le emissioni di CO2. Forse alla Toyota gli uomini della comunicazione hanno ritenuto che la sigla corretta fosse vista come ostica dalla clientela. In effetti, non è una sigla bellissima, ma è quella corretta che appare sulla carta di circolazione, unico documento che fa fede per non prendere bidoni. Inoltre, già dalla scorsa estate la Toyota è nel mirino dell’Adiconsum, che ha segnalato all’Antitrust frasi ingannevoli nella pubblicità: “50% elettrica”, “non devi ricaricarla e ti permetterà di fare oltre il 50% dei tuoi percorsi in città in modalità elettrica”, “si traduce in risparmio di benzina e zero emissioni”. L’Adiconsum ha fatto notare così si fa credere ciò che non è possibile, visto che un’auto ibrida semplice può percorrere, in solo elettrico, al massimo circa 2 chilometri.
C’è poi una maggioranza di costruttori che ha fatto un’operazione silenziosa: cambiare la classe Euro dopo la riomologazione senza particolari clamori (ve ne accorgete solo se navigate nei loro siti alla ricerca delle caratteristiche tecniche di ogni modello, cosa che solo pochi fanno con attenzione). Verosimilmente anche queste case automobilistiche vogliono favorire lo smaltimento delle scorte, evitando di doverle svendere. L’unico modo per farlo è contare sulla disinformazione del cliente. Perseguita negli ultimi anni mandando gente a dichiarare ai quattro venti che le Euro 6 sono tutte “pulite”, cosa smentita da tutto quello che è accaduto dopo il dieselgate (ma non si poteva dirlo chiaramente).
Una disinformazione stavolta resa più facile dal fatto che lo standard Euro 6D-Temp (omologato coi i test su strada Rde) non è ancora pienamente obbligatorio, mentre quello sulla CO2 (omologato coi test Wltp, che sono nuovi ma svolti ancora in laboratorio, sia pur con modalità meno “compiacenti” rispetto al vecchio ciclo Nedc) lo è dallo scorso settembre. I costruttori hanno unificato i due passaggi, senza dichiararlo apertamente.