Ma vi siete accorti che non si dice più neanche una parola dell’annunciato taglio dei prezzi della Rc auto al Sud? Lo aveva annunciato Luigi Di Maio meno di un mese fa assieme agli altri contenuti forti della Legge di bilancio. Sono bastati un paio di giorni di obiezioni tecniche per convincere il ministro dello Sviluppo economico a far calare una cortina di silenzio, scegliendo di andare avanti con gli altri contenuti, come il reddito di cittadinanza. Valutazioni elettorali legittime, per carità. Resta però l’esigenza di fare qualcosa per la Rc auto, come la stessa proposta originaria di Di Maio implicitamente ammette.
Non che non si stia facendo nulla: proprio in questi mesi sono entrate a regime le novità per stroncare le frodi sull’attribuzione della classe di merito e si sta lavorando per dare una normativa vera alle scatole nere in modo da renderle davvero affidabili. Inoltre, si sta iniziando a discutere su come superare il sistema del bonus malus e le sue iniquità. Ma all’orizzonte c’è una sorta di minaccia per i consumatori.
Per ironia della sorte, è contenuta nella legge concorrenza, che dovrebbe favorirli e invece prevede che i dati delle scatole nere possano essere raccolti praticamente senza limiti quando il consumatore stesso accetta liberamente di farsi schedare e monitorare dalla compagnia assicurativa. Se invece accetta solo di farsi montare la scatola nera per fruire degli sconti “obbligatori” (di convenienza non eccezionale) previsti dalla stessa legge e facilitare l’attribuzione delle responsabilità negli incidenti, la compagnia può raccogliere solo i dati proporzionati allo scopo.
Quali dati sono effettivamente proporzionati? Ed esiste un limite oltre il quale anche il consumatore che accetta di farsi schedare e monitorare ulteriormente deve comunque essere protetto da un’eccessiva invadenza della compagnia, che magari gli ha strappato il consenso promettendogli altri benefici ma poi cercherà di vendergli direttamente o indirettamente altri servizi o addirittura beni, anche di dubbia utilità o convenienza, sfruttando proprio quei dati per i quali ha raccolto il consenso del cliente?
Dato che le istituzioni non sembrano sgomitare per rispondere, sono domande che dovrebbero essere rivolte innanzitutto ad Antonello Soro, che presiede l’autorità garante della privacy dal 2012. Quindi era lui stesso che già a luglio 2015 aveva sollevato il problema, parlando di «esigenza di definire ulteriori presìdi per il diritto alla protezione dei dati degli utenti, individuando le tipologie di dati personali trattati rispetto alla finalità perseguita».
Finora Soro non aveva avuto la possibilità di argomentare ulteriormente: il tavolo per la stesura del regolamento più importante sulle scatole nere (quello previsto sin dal 2012 coinvolgendo anche il Garante della privacy, per fissare le «modalità di raccolta, gestione e utilizzo… dei dati raccolti» e l’interoperabilità quando l’assicurato cambia compagnia) è partito solo adesso. Ora quindi Soro fa il suo ingresso su una scena dalla quale era stato lasciato fuori. Vedremo se saprà conquistarsi un ruolo da protagonista.