Che cosa è rimasto dell’esplosione mortale che una settimana fa ha devastato il raccordo A1/A14 di Bologna danneggiando anche vari edifici? Nulla di paragonabile alle polemiche divampate in quelle ore insieme con le fiamme: dalle indagini svolte finora ricostruendo con Gps, Telepass e immagini di telecamere gli elementi andati persi nel rogo con la scatola nera, è emerso che l’autista che ha provocato l’incidente tamponando con la sua autocisterna carica di Gpl la coda davanti a lui era in regola sia con la velocità sia con i tempi di guida e riposo. L’azienda per la quale lavorava ha tutti i documenti a posto. La cisterna ha resistito quanto doveva al calore dell’incendio del camion tamponato, di più non si poteva pretendere. Il resto non lo sapremo mai: impossibile capirlo, da quei poveri resti carbonizzati o dai tabulati telefonici (eventuali chiamate in corso e traffico dati non dimostrerebbero da soli un eventuale uso illecito di un cellulare liquefatto anch’esso dalle fiamme). Nell’impossibilità di capire se quella frenata mancata o appena accennata sia stata dovuta a malore, sonno, distrazione, stato di alterazione o guasto, resta solo da portare rispetto a un bravo professionista della strada morto mentre faceva il suo lavoro.
Verrebbe quindi da pensare che ci siano ancora incidenti considerabili solo come pura fatalità, come si era sempre pensato fino a quando non si è affermato un approccio culturale più serio e colpevolizzante. Infatti, l’incidente di Bologna dimostrerebbe che si può avere un colpo di sonno pur rispettando i tempi di guida e riposo e avendo tanta esperienza e preparazione da poterne riconoscere i prodromi. O che basta un malore per tradire anche il più bravo dei guidatori. Ma forse non è proprio così: ci sono comunque problemi che fanno riflettere. A prescindere dall’incidente di Bologna, che magari è stato solo una fatalità ma si è trasformato in occasione per riflettere.
Per esempio, se malore è stato, anche se fossimo certi che è stato solo casuale dovremmo comunque ricordarci che gli autotrasportatori sono tra i lavoratori con la salute peggiore, a causa della vita disagiata che conducono, se non altro per sedentarietà e tipo di alimentazione. E le iniziative per controllare la loro salute sono meritorie, ma non bastano.
Se è stato un colpo di sonno o distrazione, va ricordato che comunque quella dell’autotrasportatore è una vita stressante. Non solo per il traffico in cui si guida, ma anche perché ci sono altre mansioni da svolgere, anche organizzativo-amministrative. Questo vale anche per quegli autisti che non vengono sfruttati come invece capita a tanti altri.
Nell’ipotesi di un guasto (poco probabile, perché dovrebbe aver riguardato contemporaneamente freni e sterzo), non è detto che sia indice di cattiva manutenzione o comunque di un problema rilevabile durante la revisione. Ma in generale va ricordato che la Motorizzazione fa fatica a revisionare i mezzi pesanti, Tanto che da tempo si parla di aprire ai privati anche questi controlli, vent’anni dopo averlo fatto per auto e moto.
Infine, restano i problemi strutturali di un’Italia dove l’86% delle merci viaggia su gomma: è vero che è illusorio di spostare su rotaia una quota significativa del traffico, ma sono comunque dieci punti percentuali in più della media europea. E il nodo di Bologna è uno di quelli dove il problema si vede di più, con le carreggiate strette fra le case (per fortuna l’esplosione è avvenuta in un punto tra i più “aperti” del tracciato): pensare di ampliarle avvicinandole ulteriormente agli edifici, come si sta facendo negli ultimi tempi, non sembra una grande idea. Costruire un passante nelle campagne a nord della città, avventurarsi in un passante a sud pieno di gallerie o scommettere che con gli anni il traffico diminuirà? Tutte le risposte sono ammesse, l’importante è che ci si prenda la responsabilità di darne finalmente una.