Tutto sbagliato, tutto da rifare. O, se non è proprio così, poco ci manca. Questa è l’idea che viene dopo aver letto il rapporto sulle limitazioni antismog al traffico urbano in tutta Europa, pubblicato oggi documentata organizzazione ambientalista europea Transport & Environment: ne emerge che ovunque alle autorità cittadine la Ue e i suoi Stati membri hanno lasciato in mano un cerino acceso. Il suo nome è “diesel”. Infatti, da un lato ci sono direttive europee che impongono di garantire la qualità dell’aria a tutela della salute dei cittadini (e qui molti diesel in circolazione sono messi male), dall’altra gli Stati non coordinano le politiche da adottare, a volte addirittura incentivando di fatto (sotto forma di contributi all’acquisto o di prezzo dei carburanti) proprio le auto più inquinanti. In mezzo restano i sindaci, che hanno la responsabilità diretta degli sforamenti delle soglie di inquinamento.
Quando si parla di queste cose, è sempre bene fare tantissime precisazioni. E il preoccupante rapporto di T&E non fa eccezione, al pari delle tranquillizzanti dichiarazioni che vengono dalle case automobilistiche. Sono tante precisazioni che occorrerebbe scriverci un’enciclopedia. Non potendolo fare (e peraltro qualcosa ho già scritto negli ultimi due anni su questa sezione del blog, sul sito del Sole 24 Ore quando mi è stato reso possibile e su Twitter), vado a quello che mi sembra il punto cruciale: le esenzioni per le auto Euro 6.
Il rapporto di T&E ricorda giustamente che i test su strada di molte diesel Euro 6 hanno rilevato emissioni 12-13 volte superiori a quelle teoriche misurate in laboratorio in condizioni di utilizzo del motore molto, molto leggere. Dunque, non si può dire che il diesel Euro 6 sia davvero pulito come reclamano le case automobilistiche e non si può affidare alla tradizionale classificazione Euro la selezione di chi può circolare e chi no (o per farlo deve pagare i pedaggi urbani che si vanno diffondendo direttamente o indirettamente nelle grandi città europee).
Ma non si può nemmeno dire che tutte le diesel siano sporche. T&E chiede che vengano eseguiti richiami a spese dei produttori per rimetterle in regola, anche se è conscia che l’operazione aprirebbe infiniti problemi. L’unica soluzione umanamente possibile non è menzionata da T&E e consiste nell’aspettare che si diffondano le Euro 6d, vetture che rispettano le norme imposte dalla Ue dopo il dieselgate per evitare trucchi o, più correttamente, disinvolte scorciatoie come quelle che le precedenti norme (anche Euro 6) di fatto consentivano a tutti i costruttori (e qualcuno ne ha approfittato di più, qualcun altro di meno, spesso anche in modo variabile da modello a modello).
Per un’entrata in vigore generalizzata dell’Euro 6d (l’ultima evoluzione di questa classe Euro, che è diventata più variegata di quelle da 1 a 5) occorrerà attendere il 2021. Alcune Euro 6d iniziano ad essere messe sul mercato in questi mesi, ma sulla loro effettiva qualifica c’è ancora una fitta nebbia: le autorità europee e nazionali non hanno ancora stabilito come la loro classificazione dovrà apparire sulle carte di circolazione e nelle banche dati ufficiali (in Italia, quella della Motorizzazione), perché ci sono regimi transitori e perché le emissioni misurate su strada non possono riferirsi a vetture standard ma solo a ciascun singolo esemplare (pensate, per esempio, a quando il proprietario sceglie le gomme più larghe e/o le barre portapacchi).
A cascata, le autorità cittadine non possono ancora differenziare le limitazioni del traffico favorendo, tra le auto a gasolio, le sole Euro 6d.
Questa situazione fa gioco ai costruttori: consente di smaltire meglio (o meno peggio) l’attuale produzione di diesel, in assenza di precisazioni facilmente conoscibili e digeribili dal pubblico sulle evoluzioni dell’Euro 6. Il pallino dell’informazione ce l’hanno in mano sempre i costruttori, che ora iniziano ad annunciare la messa in listino di modelli Euro 6 “puliti” ma senza diffondersi in dettagli su cosa è riportato sulle loro carte di circolazione (le uniche che fanno fede nell’applicazione delle limitazioni al traffico) né sulla possibilità futura di far riconoscere la qualifica di Euro 6d anche a vetture che sono pronte per questi standard ma dai documenti non risultano tali.
In questa confusione, capita pure di leggere qualificate proposte di incentivi per svecchiare il parco circolante, agevolando anche l’acquisto di usato “fresco”, nel quale sarebbero incluse anche le Euro 4 che ormai in gran parte hanno ormai una decina d’anni ed emissioni inquinanti considerate alte dai loro stessi costruttori. Senza contare che le stesse Euro 4 a Milano saranno escluse dall’Area C a partire da ottobre 2019.
Dunque, si vedono proposte che paiono favorire soprattutto chi le fa. E poco importa dei soldi dei cittadini, che non di rado li investono in acquisti di auto non tanto per diletto ma per necessità (andare a lavorare e portare i figli a scuola, nei tanti casi in cui il trasporto pubblico non basta).