Tre anni di ritardo rispetto al termine che aveva dato la Ue. Si possono anche leggere così le prime stime dell’Istat sugli incidenti stradali 2013, divulgate ieri ( ). Infatti, solo col risultato del 2013 il numero dei morti rispetto al 2001 è calato del 52%, arrivando a quel dimezzamento che la Ue aveva dato a tutti gli Stati membri come obiettivo da raggiungere entro il 2010. E, come ricorda l’Aci, sono pur sempre 500 incidenti al giorno (contando solo quelli in cui intervengono le forze dell’ordine, in realtà i piccoli urti sono molti di più) e 30 feriti ogni ora.
Va comunque ricordato che i problema non è solo italiano (i Paesi inadempienti sono stati la maggioranza, anche se il tasso di mortalità italiano resta un po’ sopra la media Ue) e che si conferma ancora una volta la tendenza alla diminuzione, iniziata proprio dal 2001 (anche se negli ultimissimi anni una buona mano l’ha data anche il calo del traffico dovuto a crisi e tasse, teoria confermata dai buoni cali registrati nelle economicamente disastrate Spagna, Grecia e Portogallo).
Una mezza novità è invece il fatto che la riduzione del 2013 è dovuta interamente alle strade più pericolose, cioè le urbane e le extraurbane: le autostrade sono rimaste sostanzialmente stabili, probabilmente perché gli ulteriori miglioramenti possibili sono stati neutralizzati dalla strage di Acqualonga con le sue 40 vittime. Sembrano “poche”, ma in realtà pesano tanto su un numero assoluto reso piuttosto basso dalle riduzioni fino al 70% registrate alla fine dello scorso decennio.
Resta incerto il raggiungimento del prossimo obiettivo fissato dalla Ue, cioè l’ulteriore dimezzamento nel 2020 rispetto al 2011: in media, ci vorrebbe un calo del 5% all’anno, quindi nel 2013 avremmo dovuto centrare un -15% rispetto al 2011 e invece ci siamo fermati a un -11,9%. La media Ue ha invece superato il -15% (facendo un po’ rientrare le preoccupazioni della prima ora), trainata dal -37% della Slovacchia. Ma proprio la Slovacchia dimostra quanto la situazione possa cambiare repentinamente, specie nei Paesi più piccoli e quindi con numeri assoluti più bassi: pochi giorni fa, il 6 giugno, un incidente che ha coinvolto un bus ha fatto quattro morti.
Nelle intenzioni della Ue per il 2020 c’era anche una sensibile riduzione del numero di feriti gravi (l’Etsc chiede un -35% tra il 2015 e il 2020), ma non ci si riesce ancora a mettere d’accordo sulla definizione stessa di “ferito grave”. Semplice diatriba statistica o consapevolezza che si parla di un traguardo sin troppo ambizioso per poterselo ragionevolmente porre?