“L’autista non ha colpe”. Sono poche, semplici parole, quelle pronunciate ieri dal procuratore capo di Avellino, a conferma di quel che si era già capito subito della strage di AcqualongaLeggi la notizia. Ma mettono in crisi un intero sistema, costruito per decenni dai professionisti della sicurezza stradale. Le sue fondamenta sono tutte basate sul presupposto che la stragrande parte degli incidenti è causata dai comportamenti degli utenti della strada.
Invece, nella strage di Acqualonga l’unica che ne esce assolutamente immacolata è proprio la categoria degli utenti: l’autista è morto assieme a 39 passeggeri dopo aver fatto di tutto per fermare un bus ormai incontrollabile per un guasto ai freni e precipitato da un viadotto le cui barriere erano carenti.
Una sfortunata eccezione? Può darsi, a giudicare dalle statistiche ufficiali, che attribuiscono ai guidatori la responsabilità di quattro incidenti su cinque. Ma, a guardar bene, qualcosa nella magnifica certezza delle statistiche s’incrina.
Innanzitutto perché non sono così rare le notizie su revisioni false e mezzi pesanti fermati su strada e trovati in condizioni meccaniche preoccupanti. Come non sono rare le barriere carenti.
E poi, come le fanno le statistiche? Sulla base di rapporti di polizia che magari quando va bene ricostruiscono minuziosamente la dinamica dell’incidente, ma non vanno a fondo sulle cause. Così, se qualcuno esce di strada, va da sé che ha sbagliato lui e si vanno a commissionare delicate e costose perizie su veicolo veicolo e strada solo quando ci sono forti sospetti o tante vittime.
Infatti, su Acqualonga si è indagato a fondo (650 pagine di perizie, altre 1.500 di allegati) perché c’erano di mezzo ben 40 morti. Cioè il bilancio più grave per un singolo incidente nella storia italiana del trasporto su strada. Ma, se il signor Rossi esce di strada con la sua auto, muore e nessun parente va a tormentare i pm, credete che ci sia una squadra di tecnici e investigatori da telefilm americano pronta a indagare?
Quindi le statistiche vanno prese con le molle e tanta umiltà. Quella che manca agli alti papaveri che continuano imperterriti a dire che le risorse vanno concentrate su educazione e – soprattutto – repressione. Con l’effetto di distogliere l’attenzione collettiva dalle colpe di strade e veicoli, che sono ben più vicine alla loro sfera di responsabilità.
Si può diventare ancor più sospettosi sui loro comportamenti quando si leggono denunce come quella che appare sull’Espresso di questa settimana, secondo cui gli scandali Expo e Mose non hanno ancora scoperchiato il pentolone dei collaudi fatti da alti dirigenti Anas e ministeriali. Tutto si basa sulle dichiarazioni di un imprenditore che per questi giri di mazzette è nei guai fino al collo e quindi potrebbe star calunniando qualcuno. Ma non si può non notare che tra i nomi c’è anche quello di Mauro Coletta, capo della struttura ministeriale (ex Anas) di vigilanza sulle autostrade, che abbiamo già visto muto e inerte accanto al ministro Lupi sulla strage di AcqualongaLeggi come.
Magari sono solo coincidenze. Ma intanto danno da pensare.
Intanto, ecco il testo integrale dell’anticipazione dell’Espresso.
Mose:Baita;arresti Venezia?dovrebbero farne nei ministeri…
Ex manager a ‘Espresso’, non vedo nulla su 26 mln collaudi Anas
(ANSA) – VENEZIA, 12 GIU – Pierluigi Baita, il grande
accusatore del sistema Mose, prefigura sviluppi fino “ai vertici
dei ministeri” dell’inchiesta veneziana. “La settimana scorsa –
dice Baita in un’intervista a ‘L’Espresso’ – hanno messo agli
arresti l’ing. Luigi Fasiol per un incarico di collaudo su mia
segnalazione. Con questo metro dovrebbero arrestare parecchi
alti dirigenti ministeriali, manager pubblici e giudici
contabili. Invece non ho visto nulla sui 26 mln di euro in
collaudi dati ai vertici dell’Anas”.
Milioni di euro in collaudi,
prosegue Baita, sempre riferito ai vertici Anas, “dati a Pietro
Ciucci, a Vincenzo Pozzi, a Pietro Buoncristiano o a ex
magistrati come Vincenzo Fortunato. Tutta gente che andava a
chiedere l’incarico direttamente al Cvn, anziche’ al magistrato
delle acque, rappresentante del governo”. Il totale del costo
per i collaudi delle opere del Mose – ricorda l’ex ad della
‘Mantovani’ – e’ di 26 milioni di euro complessivi distribuiti a
272 soggetti.
Secondo la ricostruzione dell”Espresso’, l’importo maggiore
(1,2 mln) per i collaudi affidati dal Cvn sarebbe andato all’ex
presidente Anas Vincenzo Pozzi, quindi con 747mila euro “di cui
480mila fatturati” vi sarebbe il suo successore, Pietro Ciucci.
Piero Buoncristiano, direttore del personale Anas in pensione,
avrebbe parcelle – sostiene sempre il settimanale – per piu’ di
mezzo milione, oltre a un posto di amministratore delegato del
Cav, la societa’ mista per gestire le strade fra Anas e Veneto.
In questa partita dei collaudi, sui quali Baita avanza i
sospetti, sarebbero presenti anche l’ex direttore generale
Francesco Sabato, Alfredo Bajo, braccio destro di Ciucci, Mauro
Coletta e Massimo Averardi con somme – scrive ‘l’Espresso’ – che
vanno dai 240 mila ai 400 mila euro. Sul fronte infrastrutture e
trasporti – prosegue la ricostruzione del settimanale – si
troverebbero l’ex magistrato ordinario e del Tar Vincenzo
Fortunato (535 mila euro), capo di gabinetto di vari ministeri
prima di essere nominato liquidatore della Stretto di Messina, e
il nuovo presidente del Magistrato alle Acque di Venezia,
Roberto Daniele – nominato un anno fa dal ministro Maurizio Lupi
– che avrebbe partecipato ai collaudi del Mose con oltre 400.
(ANSA)