Quando gli imprenditori chiedono pietà al fisco perché non hanno i soldi per pagare le tasse arretrate, l'obiezione dei cittadini onesti (e sprovveduti) è che nei periodi in cui quelle tasse sono maturate i soldi c'erano ed è colpa degli imprenditori se sono evasori e nel frattempo "si sono bevuti" le risorse finanziarie che avevano. Si potrebbero fare tante obiezioni, anche sulla differenza tra l'evasione fiscale vera e quella presunta dalle leggi di uno Stato che ancora non fa tutti i controlli che servirebbero e quindi presume. Ma esuleremmo troppo dagli argomenti di questo blog. Piuttosto, ricordiamo che uno di questi imprenditori braccati dal fisco è Carlo Massone. Uno che per la sua modesta attività ha comprato camion usati che per lo Stato erano in regola ma in realtà erano inservibili a livello di sicurezza.
Massone non è mai riuscito a venire a capo di nulla. Ha pagato le sue ingenuità di trentenne nell'Italia "allegra" ma dalla burocrazia borbonica degli anni Ottanta e ora, a 63 anni, non ha il becco di un quattrino. Non ha lavoro dal 2008, i redditi degli anni precedenti sono in perdita. Però ha un debito di decine di migliaia di euro e non gli basterà nessuna delle maxi-rateizzazioni concesse dalle norme varate negli ultimi anni con la crisi. Anche per questo ha più volte lanciato pubblicamente insulti che gli hanno fatto rischiare condanne penali. Ma anche lo Stato ha un debito con Massone.
Negli anni, siamo stati in tanti a interessarci alla sua vicenda. Probabilmente le cose che lui ha denunciato all'epoca non si verificano in modo altrettanto grave oggi, anche se giusto stamattina la Motorizzazione di Napoli è finita nella bufera proprio per false revisioni di mezzi pesanti. Tra cui, udite udite, il bus precipitato il 28 luglio scorso dal viadotto Acqualonga sulla A16, facendo 40 morti: il mezzo rimase improvvisamente senza tutti e tre gli impianti frenanti, poi l'inadeguatezza del guard-rail fece il resto (difficilmente sarebbero morti in 40, se la barriera avesse evitato che il bus precipitasse). E ancora una volta nell'indagine entra un dipendente della Motorizzazione (una donna, in questo caso) che appena due anni fa ha avuto guai con la giustizia a causa del suo lavoro (una storia di patenti vendute): come al solito, questi guai non hanno impedito che il dipendente non solo restasse in servizio, ma continuasse ad avere accesso ai sistemi informatici della Motorizzazione (complimenti al collega Cosimo Murianni di Quattroruote, che si è accorto della "recidiva"). Proprio alla luce degli sviluppi di oggi, dobbiamo pretendere ancora una volta che le istituzioni saldino il debito se non altro d'informazione che hanno nei confronti di Massone: nessuno ha spiegato adeguatamente, nemmeno rispondendo a interrogazioni parlamentari, com'è stato possibile che una sola persona – per quanto poco accorta e sfortunata – abbia potuto trovare sul mercato camion con gru insicuri che erano in regola solo sulla carta. A maggior ragione, nessuno ha dato garanzie su quali cautele si adottino per limitare le false revisioni, che come abbiamo appena visto nella vicenda della strage di Acqualonga restano una piaga.
L'ultima interrogazione l'ha presentata il deputato Emanuele Fiano all'inizio di quest'anno. Attendiamo risposte.