Potrebbe cadere il tabù dei controlli automatici di velocità sulle strade urbane. Come riferisco oggi sul Sole 24 Ore, il comitato ristretto della commissione Trasporti della Camera ha trovato l'accordo politico sui criteri da mettere nella delega al Governo per la riforma (intesa come riscrittura integrale, non una "semplice" caterva di modifiche come fu nel 2010) del Codice della strada. E uno dei princìpi-base è la protezione di pedoni, ciclisti e utenti deboli in genere, utilizzando anche e soprattutto i controlli automatici. Visto che gli utenti deboli circolano quasi esclusivamente nei centri abitati, diventa probabile che il Governo per rispettare il mandato di proteggerli con i controlli automatici liberalizzi gli autovelox fissi sulle strade urbane ordinarie, che erano stati messi al bando 12 anni fa (legge 168/2002).
Quella legge era nata per evitare abusi da parte dei Comuni. Ma fu una risposta eccessiva, perché in città i controlli automatici di velocità servono eccome (senza contare le diatribe sull'applicazione pratica, che hanno anche fatto una vittima illustre: l'attuale premier Matteo Renzi). Tanto più in quei paesetti che sono ancora attraversati da vie di grande comunicazione (pensiamo alla Romea, che non a caso è tra le strade più pericolose d'Italia), con traffico di tutti i tipi che "impone le sue regole" a tutta la cittadinanza. Tra l'altro, l'abuso di autovelox per far cassa fu contrastato cinque anni dopo anche imponendo la presegnalazione e la visibilità di tutte le postazioni. Quindi, cade anche la motivazione originaria della messa al bando.