Abbiamo cambiato il Codice della strada una novantina di volte, in 21 anni. Alcuni punti anche più volte e non stupisce che spesso riguardassero aspetti dove c’entrano molto la grancassa mediatica, il marketing della politica e gli interessi – spesso legittimi – delle lobby. Ma poi si scopre che altri punti marciscono irrisolti senza che nessuno pensi almeno di aggiornarli. Una realtà che due fatterelli di questi giorni ci hanno sbattuto in faccia. Sono la denuncia fatta dall’Aci su Quattroruote di aprile contro l’evasione del bollo auto e la mancanza di sanzioni in caso di parcheggio sulle strisce blu con ticket scaduto.
Sul bollo auto, le Regioni vengono accusate di inerzia nel combattere un’evasione da 850 milioni (ma è sicuro che la stima non consideri pure le cartelle pazze, che continuano a colpire come quest’anno è accaduto soprattutto in Molise?). A volte è vero: l’interesse di certi ambienti della politica e della burocrazia sta solo nel moltiplicare i centri di potere e di spesa. Ma la denuncia di Aci e Quattroruote tocca pure il mancato uso della radiazione d’ufficio, il meccanismo previsto dall’articolo 96 del Codice della strada secondo cui chi non paga per tre anni di seguito si vede radiare il veicolo dal Pra se non si mette in regola subito. Peccato che l’articolo 96 sia fermo al 1992, quando è stato scritto. Quindi dà il potere di chiedere la radiazione d’ufficio solo all’Aci, che all’epoca gestiva il bollo. Dal 1999 la corsa al federalismo fiscale ha fatto entrare in scena le Regioni, che nulla c’entrano con l’articolo 96. A meno che un’anima pia in Parlamento si ricordi che la norma va aggiornata.
La storia delle strisce blu, invece, sa molto di inerzie interessate all’italiana. C’è nel Codice (articolo 157) un’intenzione iniziale di lasciare il ticket scaduto come una mera inadempienza contrattuale (come quando non si paga la bolletta del telefono o l’autostrada). Questo si traduce in una norma non chiarissima, ma poi chiarita da due ministeri (anche se in modo opaco, con pareri “one to one” e non con una circolare rivolta a tutti). I Comuni hanno fatto finta di nulla, basandosi anche su alcuni dei mille rivoli della giurisprudenza, che in questo Paese portano un po’ dove si vuole. Il motivo è chiaro: si vuole garantirsi meglio gli incassi, contando sul fatto che una multa poi sfocia in una cartella esattoriale, mentre un mancato pagamento è solo una controversia fra privati, in cui il Comune è solo una delle due parti in causa, con pari diritti rispetto al cittadino. Qualcuno teme pure che, in questo contesto, i poteri degli ausiliari della sosta (dati nel 1997 dalla legge Bassanini, fuori Codice) non siano sufficienti a convincere tutti i giudici. Ma allora, anche qui, perché non cambiare il Codice?
In vent’anni, le occasioni non sono mancate.