Succedono cose strane, in Italia, quando ci sono di mezzo gli autovelox. Da quando ci sono regole (assurde, ma pur sempre regole) secondo cui la postazione di controllo deve essere presegnalata e non può stare a meno di determinare distanze (variabili secondo la strada) dal cartello che la annuncia e a meno di un chilometro dal segnale che fissa il limite di velocità, molti Comuni e Province hanno dovuto spostare (o far spostare all'Anas) postazioni o segnaletica. Ma, in qualche caso in cui si sarebbe dovuto farlo, non è stato fatto. E, presi in castagna, i Comuni hanno tirato fuori l'argomentazione che qualcuno ha rubato o spostato i segnali.
Era successo lo scorso autunno a Cardano al Campo (Varese), dove ora il Comune comincia a perdere contro i cittadini che fanno ricorso sulle multe. Ora il caso si ripete a Macchia d'Isernia, dove un progetto sulla carta interessante per aumentare la sicurezza su un tracciato di grande viabilità (il collegamento Tirreno-Adriatica fra Basso Lazio, Molise e Basso Abruzzo, che interessa anche Sannio e Puglia settentrionale) inciampa su una questione banale e formale, che però tanto infondata non dev'essere se è vero che adesso l'Anas (ente proprietario della strada) mette le mani avanti.
Macchia d'Isernia è un posto a rischio, perché la stretta statale 85 (la "Venafrana") attraversa un'area piena di negozi e capannoni (c'è anche l'ex-impero automobilistico di Massimo Di Risio, prima mega-dealer di vetture nuove e usate e poi costruttore con scarsa fortuna delle Dr, derivate da modelli cinesi). Dunque, un controllo di velocità non sembrerebbe una cattiva idea. In effetti, la Prefettura di Isernia lo ha autorizzato, ma poi la postazione è stata installata in un punto diverso (se c'erano problemi tecnici a metterla dove stabilito dal prefetto, che male c'era a chiedere una modifica dell'autorizzazione?). Poi il luogo d'installazione era distante 993 metri dal segnale: un errore veniale, ma perché non fare le cose per bene?
Sta di fatto che ora, mentre erano in corso perizie utili per la decisione su alcuni ricorsi, il segnale è stato spostato all'insaputa dell'Anas, che ha sporto denuncia contro ignoti. La Prefettura nel frattempo ha sempre detto che tutto era a posto e questo ha fatto dire anche all'ex-viceministro all'Interno Filippo Bubbico, che qualche mese ha risposto a un'interrogazione parlamentare. Ma anche in questo caso qualche ricorso è stato vinto.
Storielle? Può darsi. Ma intanto le istituzioni perdono di credibilità per errori evitabili. Non è nemmeno la prima volta: i primi casi del genere li abbiamo raccontati nel 2010. E il dubbio sorge spontaneo: se non riusciamo nemmeno a piazzare segnali alle distanze giuste, che garanzie abbiamo sulle opere pubbliche più delicate?