Crash test – In India la Volkswagen si vergogna della Polo senza airbag, gli altri vanno avanti con zero stelle

Ma che sviluppo è quello dei Paesi emergenti? Troppo spesso li descriviamo sui media solo come la terra promessa dei fabbricanti d'auto, magnificando la loro enorme capacità di assorbire auto, rimettendo in sesto i conti dei costruttori. Così dimentichiamo che i boom di quei mercati sono spesso costruiti anche a spese della sicurezza. In questi giorni, ce lo ricordano clamorosamente i disastrosi risultati dei crash-test Ncap in India, pubblicati da SicurAUTO.it.
 
Tanto disastrosi, questi risultati, che siamo a zero stelle anche per modelli che in Europa ne prendono cinque, perché sono ben equipaggiati di airbag che invece in india non sono offerti. E' il caso della Volkswagen deve aver provato vergogna: ha annunciato che anche in India commercializzerà la Polo mettendo gli airbag di serie. Attendiamo che altri costruttori siano presi dagli stessi sussulti.
 
Ma, ammesso che ciò accada, non basterà ancora: questa tornata di crash-test ha anche confermato che gli airbag non bastano se il progetto della struttura dell'auto non è adeguato. Infatti, gli airbag sarebbero solo un'aggiunta posticcia, che poco potrebbero su un pianale progettato al risparmio oppure semplicemente vecchio.
 
Certo, perché un'altra strategia usata dai costruttori sui mercati emergenti è vendervi modelli di generazioni precedenti. Non siamo più ai livelli clamorosi dei decenni passati (quando, per esempio, la Fiat in Argentina e nei Balcani aveva tranquillamente in listino le 600, che non aveva più il coraggio di proporre in Europa occidentale da vent'anni), ma auto superate e già pienamente ammortizzate sono ancora sul mercato del nuovo. E basta anche un modello anni Novanta per avere risultati disastrosi nei crash-test.
  • arthemis |

    Quando l’Italia si è motorizzata negli anni ’50 e ’60, avevamo la scusante della mancanza della tecnologia. Se ora giustifichiamo nei paesi BRIC la mancata adozione non dico della ‘best available technology’ ma almeno del ‘business as usual’, a mio parere è per: 1) strizzar fuori tutti i denari possibili dai nostri vecchi progetti, e 2) come ben spiegato da Renato58, perché di fondo riteniamo che la vita in quei paesi valga meno che da noi. Questo secondo punto non vale solo per le automobili ma anche per altri settori..

  • Renato58 |

    Vergogna invece! Questo è banale razzismo strisciante. Lasciamo pure che “loro” si ammazzino con queste auto, basta che quando le fabbricano per “noi” siano belle sicure… Come per esempio le Hyundai e le Nissan costruite in Asia per il mercato Ue.
    Perché, pur in India, mettere in circolazione vetture pericolose per gli occupanti quando con un investimnto minimo, potrebbero essere molto più sicure?
    Non pretendo le 5 stelle nei crash test, ma oggi un airbag ha un costo industriale di pochi dollari. Sono davvero giochi di speculazione sulla pelle della gente, approfittando di una cultura della sicurezza ancora molto lontana dalla nostra ed estremamente poco diffusa.
    Bell’esempio per aziende che poi, in Europa o in Usa, fanno sfoggio di codici etici e bilanci di compatibilità sociale.

  • Michele De Luca |

    Su come siano le condizioni sulle strade in India basta dare un’occhiata a questo significativo clip di Top Gear del 2011 tratto da “India Special”:


    E se ci si vuol drizzare ancor di più i capelli, ecco come si guida in Bangladesh in un servizio di Automobil dell’emittente tedesca Vox: http://www.vox.de/medien/sendungen/auto-mobil/aktuelle_sendung/34937-1a1c1a-629c-14/die-gefaehrlichsten-strassen-der-welt-bangladesch.html
    Un mix micidiale fra strade pericolosissime e auto al di sotto di ogni standard medio di sicurezza. Probabilmente uno dei tanti sintomi dei lati negativi del turbo-sviluppo dei paesi Bric.
    Come si spiegherebbe altrimenti il risultato assai differente fra il test condotto sulla Dacia Sandero europea (

    e quella brasiliana (http://www.youtube.com//watch?v=LEl-kcoEX4c)?

  • 59raf |

    Non capisco il problema. In casa loro facciano quello che credono…. anche andare in moto senza casco. Il punto e’ che quando vengono a vendere i loro prodotti da noi questi siano conformi alle regole CE (Che non e’ China Export)….. ed in modo rigoroso.
    [risponde Maurizio Caprino] Il problema è che dovrebbero aver imparato (dalla nostra esperienza) che i costi sociali di certe carenze di sicurezza poi impattano sullo sviluppo stesso.

  • ilprincipebrutto |

    Caro Maurizio,
    La sicurezza, in auto come nei processi industriali, e’ roba da societa’ ricca, che ha gia’ risolto i proprio problemi di base. In una realta’ in via di sviluppo come quella indiana, il possesso di un’auto, e l’acquisizione di una mobilita’ prima solo sognata, e’ la priorita’ assoluta. Nell’Italia del dopoguerra (e non solo in Italia), era la stessa cosa.
    La sicurezza arrivera’, ed anche l’esigenza di educare la gente all’uso dell’automobile, come e’ successo da noi. E penso succedera’ tutto piu’ in fretta, in quanto l’India ha il vantaggio di poter attingere all’esperienza gia’ fatta dai paesi piu’ sviluppati.
    Ma certe preoccupazioni al momento sono premature.
    .
    sicuri si diventa, Ride Safe.

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