Ieri pomeriggio il nostro ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ha "eccezionalmente" tolto l'abito di segretario di un partito politico, tornando ad indossare quello, appunto, del ministro. Evidentemente disabituato a farlo, si è lasciato scappare una valutazione infelice: ha tessuto le lodi del sistema italiano dei certificati antimafia per partecipare agli appalti pubblici.
Se facesse il ministro a tempo pieno, forse saprebbe che sulle autostrade italiane il sistema ha mostrato più di una falla. Parliamo di cavalcavia e caselli realizzati dall'impresa Vuolo, guidata da persone interdette e responsabile di aver costruito opere con problemi di sicurezza. E ricordiamo che sulla A3 Salerno-Reggio ci sono state fior di operazioni che negli anni hanno sradicato organizzazioni di 'ndrangheta che si erano infiltrate nei lavori, quindi non erano state fermate prima con i certificati antimafia.
Se fosse più assiduo nel suo ruolo istituzionale, probabilmente Alfano saprebbe che lo scorso autunno il testimone che ha denunciato il caso Vuolo ha dormito un mese sotto al suo ministero per avere una risposta alle sue richieste di avere una scorta.
Inoltre, Alfano non può non ricordare che giusto una settimana fa ha ricevuto dalla commissione di esperti nominata da lui stesso una proposta per rivedere radicalmente proprio alcuni punti della legislazione antimafia per le imprese, che così com'è fa fallire anche imprenditori che con le mafie hanno avuto contatti anche involontari.