Dobbiamo ancora aspettarci qualcosa dall’inchiesta che ieri ha portato all’arresto dell’ex-comandante della Polizia locale di Pieve Emanuele, alle porte di Milano. La Procura di Milano ha fatto comunicare alla Guardia di finanza che l’arresto (ai domicilari) era dovuto al fatto che il funzionario intascava per sé i soldi delle multe che ignari cittadini andavano a pagare direttamente al comando; inoltre, si faceva corrompere per rilasciare pass a falsi invalidi e consegnare fotocopie di patenti extracomunitarie su cui italiani che avevano commesso infrazioni gravi avrebbero potuto poi far “scaricare” le decurtazioni dei punti e le sospensioni. Però noi dobbiamo aspettarci altro.
Non dimentichiamoci che i fatti sono avvenuti a Pieve Emanuele, dove la nostra attenzione si era già appuntata. Era quello strano paese in cui gli apparecchi automatici per rilevare i passaggi col rosso al semaforo venivano impiegati anche per multare chi semplicemente si fermava oltre la striscia di arresto. Attenzione: parliamo di un periodo in cui non erano ancora state ottenute le omologazioni per usare in modo automatico questi apparecchi anche per il mancato arresto (cosa discutibilissima, ma questa è un’altra storia). Dunque, il comandante aveva preso un’iniziativa quantomeno fantasiosa, che adesso si può vedere anche come dolosa, alle luce del vizietto di intascarsi le multe che è emerso ora.
Sembrerebbe strano se i tre agenti che avevano denunciato il comandante facendo aprire l’indagine non avessero parlato ai pm anche di questa stranezza d’impiego degli apparecchi ai semafori. E sembrerebbe strano se la Procura non approfondisse questo filone. Ecco perché ci aspettiamo novità. Se non altro per sentirci dire: “Abbiamo indagato, ma abbiamo trovato tutto a posto”.