Chissà che cos'ha spinto Annamaria Cancellieri a dichiarare ieri al Tg5 che a gennaio porterà in Consiglio dei ministri un pacchetto che comprende pure l'introduzione del reato di omicidio stradale? Una spiegazione avrebbe dovuto darla innanzitutto lei: meno di due anni fa, il ministro della Giustizia (che allora era responsabile dell'Interno) aveva bocciato un'ipotesi simile dicendo davanti alla commissione trasporti della Camera (4 aprile 2012) che "ci sono perplessità tecniche che attengono all'inquadramento giuridico della nuova fattispecie, con rischi di sovrapposizione".
In quell'occasione, la Cancellieri aggiunse che "una direzione in cui si può e si deve intervenire è quella di rendere effettiva la sanzione cautelare o definitiva che abbia colpito il guidatore che ha commesso omicidio stradale, facendo sì che l'interdizione alla guida venga ad essere in ogni caso assicurata, anche se il conducente dovesse aver conseguito successivamente una nuova patente in un altro Stato". Di qui l'ipotesi di "avvio di una riflessione comune con il ministero delle Infrastrutture, anche per valutare, come ha già rilevato il ministro (dell'epoca, ndr) Corrado Passera, la compatibilità delle misure con i principi richiamati di ragionevolezza, proporzionalità e non discriminazione in ambito europeo".
Insomma, la Cancellieri sa perfettamente che è meglio trovare alternative alla "semplice" introduzione del reato di omicidio stradale. D'altra parte, nella sua lunga carriera di prefettura, avrà deciso – direttamente o indirettamente – le sorti di migliaia di patenti di gente che aveva commesso gravi infrazioni o causato incidenti rilevanti. E allora perché adesso ha cambiato idea?
Su giornali e agenzie di stampa, la proposta della Cancellieri è stata accostata all'appello dall'inasprimento delle pene fatto dal padre di Stella Manzi, la bambina romana di otto anni uccisa perché investita la sera di Santo Stefano da un automobilista ubriaco, sotto effetto di droga e senza patente. Si è parlato anche delle due donne morte sull'A3 la notte di capodanno, investite da un automobilista che non si è fermato. Ma in quest'ultimo caso giova ricordare che le due donne erano sull'asfalto perché sbalzate a seguito di un incidente precedente, quindi probabilmente non avevano le cinture allacciate e non è detto che l'ignoto investitore avesse altre colpe oltre a quella – gravissima ma ben diversa da quelle di cui si parla nel reato di omicidio stradale – di non essersi fermato.
Insomma, per farla breve, si pensa che dietro la proposta della Cancellieri ci siano banali esigenze di effetto-annuncio per dare un contentino all'opinione pubblica. Tanto più che la giornata festiva in cui è stato dato l'annuncio era la più propizia: i media sono a caccia di queste cose, per riempire spazi in ore avare di notizie importanti.
Un'altra conferma di quest'ipotesi viene dal fatto che alla dichiarazione della Cancellieri si è prontamente accodato su Twitter Erasmo D'Angelis, il sottosegretario alle Infrastrutture che da mesi parla di alcune novità di alto impatto mediatico che sarebbero inserite nella riforma del Codice della strada che è allo studio, ma non si sa se arriverà al traguardo e di certo non tocca aspetti importanti della sicurezza stradale. D'Angelis ha più volte parlato sia dell'omicidio stradale sia di "zone 30 all'ora" da istituire vicino alle scuole e in altri luoghi molto frequentati da pedoni e ciclisti. L'omicidio stradale è tecnicamente difficile da attuare e forse pure inutile; lo spiego anche sul Sole 24 Ore di oggi. Le "zone 30 all'ora" si possono già fare senza bisogno di una riforma. Dunque, anche D'Angelis sembra uno in cerca di un po' di pubblicità e di buona stampa. Forse, se provasse a difendere le tasche e la sicurezza dei cittadini cambiando il sistema di vigilanza sulle autostrade (cosa che il suo ministero si guarda bene dal fare), farebbe qualcosa di più gradito a chi agli annunci non crede più e, nell'attesa dei fatti, non va più a votare.