Dicevano di aver semplificato i procedimenti civili, applicando il rito di quelli di lavoro a tutta una serie di controversie. Tra cui i ricorsi contro le multe stradali. Ora, a un anno e mezzo dalla rivoluzione (rimasta nella mente dei guidatori perché ha dimezzato da 60 a 30 giorni il termine per ricorrere al giudice di pace), si scopre che non era poi tanto così.
Infatti, quando il giudice di pace dà torto al trasgressore, questi non può mica pagare in modo normale: la procedura “semplificata” prevede che si debba utilizzare il modello F23.
La bella notizia è che si sta studiando un modo per consentire pagamenti con i normali bollettini. La chiave sta in una procedura informatica, chiamata PS2000. Ne dà notizia l’ultima circolare. Emanata sulla materia dal ministero dell’Interno.
Ma il vero piatto forte della circolare è un altro. Il ministero ha dovuto prendere una posizione “contro” i giudici di pace che, quando danno torto al guidatore, applicano sanzioni diverse da quelle previste dal Codice della strada per l’infrazione commessa: i dirigenti di polizia dovranno incontrare questi giudici e “convincerli”. Se non ci riusciranno, dovranno far intervenire il servizio Polizia stradale, che segnalerà il tutto al Csm per far punire disciplinarmente questi giudici. È già successo qualche anno fa quando vigevano le regole processuali precedenti, ma evidentemente non è bastato. Né è bastato che le nuove regole rimandassero esplicitamente alla inderogabilità delle sanzioni minime e massime previste dal Codice.