Un tempo, quando il personale della società Autostrade (pubblica, gruppo Iri) proclamava uno sciopero era una festa: non si pagava il pedaggio. Dal 1997, Autostrade è privata e ha cambiato la musica (anche) in caso di sciopero: si paga lo stesso, a costo di creare code e rischio d'incidenti. Come si fa? Semplice: leggete com'è andata domenica scorsa, durante l'agitazione indetta per il pericoloso dimezzamento delle pattuglie di ausiliari.
Quest'immagine del casello di Bologna Arcoveggio (autostrada A13) spiega tutto.
Rispetto ai tempi dei vecchi scioperi, sono aumentate le piste di pagamento automatico. E, com'è noto, Telepass, Viacard e macchinette varie non fanno sciopero. Ma di qui a chiudere più o meno surrettiziamente le piste con pagamento manuale ce ne passa. Perché si creano code come quelle della foto e, dove c'è una coda, c'è sempre un rischio, magari anche piccolo come in questo caso. Ma non finisce qui.
La coda si allunga perché c'è gente che – legittimamente – non ha né il Telepass né la Viacard e quindi passando da una pista con pagamento automatico viene fermata. Il tempo di fotografare la targa e far uscire dall'emettitrice il rapporto di mancato pagamento e solo dopo si alza la sbarra. Trascuriamo la ressa per saldare negli uffici (i Punti Blu), il cui orario d'apertura l'anno scorso è stato anche ridotto.
Ma il rischio maggiore si corre all'inizio dello sciopero, perché c'è ancora gente che ricorda il vecchio bengodi e sceglie di fermarsi sulla carreggiata poco prima del casello, nell'illusione di passarvi gratis ad agitazione cominciata. Vale la pena creare rischi del genere per non compromettere gli incassi del gestore?