C’erano una volta i marchi premium tedeschi. Audi, Bmw e Mercedes avevano la fila dei clienti davanti alle concessionarie italiane, tanto che quando capitava una loro vettura offerta con uno sconto superiore al 10% c’era da sospettare. Addirittura, nel 2000 scoppiò lo scandalo di un signore dell’hinterland milanese che spacciava offerte simili per cambi merce pubblicitari, come se queste case automobilistiche non avessero abbastanza soldi per pagarsi spot e inserzioni e avessero bisogno di farlo in natura, svendendo auto che invece vendevano benissimo nelle concessionarie a prezzo pieno o quasi. E infatti si scoprì che in realtà quel signore le acquistava proprio lì, con i soldi di altri suoi ignari clienti, destinati a non ricevere le vetture che avevano prenotato: era la classica “catena di Sant’Antonio”. Altri tempi: oggi c’è la crisi e in giro si vedono cose insospettabili fino a tre-quattro anni fa.
L’ultima novità è la presenza ininterrotta della BMW Serie 3 nella classifica dei dieci modelli più immatricolati a km zero. Inizialmente pensavo fossero ancora esemplari della vecchia serie (costruita fino al 2011) ancora da smaltire. D’altronde, è da 15 anni che la Bmw è solita smaltire con superofferte alla Polizia le Serie 3 del modello a fine carriera. Ma poi i mesi sono passati e la classifica pubblicata sempre sulle ultime pagine di Quattroruote non cambia di molto. Difficile che stiano ancora immatricolando esemplari della penultima serie.
Passiamo all’Audi: vi siete accorti di quante A4 in versione base si vedono in giro? E dire che l’Italia è sempre stato un Paese in cui si preferiva il modello più piccolo ma nella versione più accessoriata (e talvolta pure più potente), per cui meglio un’A4 top che un’A6 base. Chi lo avrebbe mai detto?
Tanto più che parliamo di modelli relativamente compatti, che quindi dovrebbero beneficiare dell’onda di ritorno di quelli (comprese le aziende che hanno tagliato le spese, facendo il “downsizing della policy”, come si dice in aziendalese) che prima avevano A6 e Serie 5 e ora per paura della crisi e del redditometro si sono ridimensionati. Ma evidentemente ci sono stati quelli che dall’A4 sono scesi sull’A3 e dalla Serie 3 sono scesi sulla Serie 1. O su modelli di marchi ben meno prestigiosi.
Eppure questo lascia poche tracce nei comunicati ufficiali, che parlano sempre di bilanci buoni. Ma prevalentemente grazie ai nuovi ricchi cinesi: i marchi premium europei piacciono anche a loro.
E allora viene un dubbio: non sarà che i costruttori premium hanno sbagliato la politica dei prezzi, in questo giro? Hanno conservato la sgradevole abitudine di farsi pagare a parte e a peso d’oro accessori di sicurezza che la gente inizia ad apprezzare, come fari allo xeno e sistemi di assistenza (cruise control attivo, sensori di uscita di corsia, angolo morto nel retrovisore, stanchezza del guidatore eccetera). Persino per avere un buon vivavoce bluetooth ti obbligano a scegliere navigatori fissi che costano anche più di dieci volte rispetto a un sistema intelligente e ugualmente integrato come il Tomtom Live portatile che dialoga col Blue&Me del gruppo Fiat.
Dunque, occorre scendere di prezzo. Ma per ora lo si fa prevalentemente spingendo su versioni base o comunque senza dotazioni di sicurezza degne di una premium moderna. Così restiamo ai sei-sette airbag, all’Esp, all’Abs e a poco altro. Insomma, lo standard di una normale vettura media. Ma il premium è un’altra cosa.