Chi si è mai accorto che alcune novità sbandierate dalla politica restano lettera morta? A volte, più vengono sbandierate e meno vengono applicate. In questi giorni tocca alla Puglia, dove la Giunta Vendola ha fatto dell’abolizione dell’Irba (l’imposta supplementare sulla benzina che va applicata quando i conti non sono in ordine) un punto qualificante della sua Finanziaria 2013: il primo gennaio un giornale locale si è accorto che nei prezzi praticati alle pompe di fatto non c’era traccia del ribasso di 2,58 centesimi corrispondente all’imposta abolita.
Non crediate che sia solo una questione pugliese. Nel 2005, l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti s’impegnò nel suo decreto semplificazioni ad abolire l’obbligo di andare dal notaio per far autenticare le firme sugli atti di vendita dei veicoli. Consentì di rivolgersi anche ai Comuni e alle agenzie di pratiche auto, che autenticavano a costo zero. L’attuazione si rivelò subito a ostacoli, tanto che il decreto ministeriale attuativo non arrivò mai. Così si dovette aspettare la legislatura successiva per rendere operative le novità, grazie a un colpo di mano di Pierluigi Bersani, che era tornato a reggere il ministero dello Sviluppo economico.
Ma di tanto turbinio i clienti di concessionari e autosaloni nemmeno si accorsero: le spese di immatricolazione (per il nuovo) o di passaggio di proprietà (per l’usato) che i commercianti scaricavano a forfait sul prezzo del veicolo restarono identiche (e comunque avrebbero cambiato poco, perchè il vero fardello su queste operazioni era – e oggi è ancor di più – la tassa Ipt che va alle Province). I venditori avevano buon gioco, perché su un prezzo di migliaia di euro un risparmio di una quarantina diventa invisibile per il cliente e allora tanto vale tenerselo in tasca, per arrotondare margini di guadagno che già allora erano molto bassi. Con buona pace di Tremonti, che dal canto suo aveva cercato il consenso popolare a buon mercato, “dimenticando” che i veri nodi da sciogliere erano (e sono ancora) il peso dell’Ipt (l’imposta di trascrizione che finanzia le Province) e il costo di avere due enti (Motorizzazione e Pra) le cui competenze sono in parte sovrapposte senza che qualcuno pensi almeno a corpose sinergie.
Esempi non mancano anche in questioni diverse dalle tasse sull’auto. Per esempio, nelle settimane passate, Altroconsumo ha realizzato un’inchiesta in cui ha scoperto che l’Osservatorio prezzi carburanti del ministero dello Sviluppo economico mette sul sito ministeriale dati non aggiornati e quindi inutili. Dati aggiornati ci sono solo sui benzacartelloni autostradali e sul sito di Autostrade per l’Italia, ma anche in questo ambito c’è una falla non da poco: metà dei gestori non comunica i propri prezzi. Anche in questo caso, la politica aveva sbandierato Osservatorio e benzacartelloni come strumenti contro il caro-benzina.
Morale: cari politici, pensateci bene prima di decidere che cosa fare per guadagnare il consenso. Valutatene la fattibilità e l’applicazione pratica quotidiana, altrimenti potrebbe addirittura rivelarsi un boomerang. Queste sono raccomandazioni valide già da questa campagna elettorale