Che dire del rincaro dei pedaggi che sta per scattare come ogni giorno di Capodanno? I gestori avevano chiesto in media un +3,9%, mentre il decreto ministeriale firmato oggi ha concesso "solo" un +2,9%. Questa è sempre una media: gli aumenti variano di molto secondo la tratta fino ad arrivare al 14% atteso in Val d'Aosta. Ma, soprattutto, sulla media finale pesa la sospensione dei rincari imposta al gruppo Gavio (fondamentalmente, Torino-Milano, Torino-Piacenza e – come socio di minoranza – Brescia-Padova): aldilà delle fumose parole ministeriali, pare si voglia verificare per bene la corrispondenza tra gli investimenti dichiarati e quelli effettivi. È sintomatico che sotto osservazione sia finita la Torino-Milano, che con i suoi lavori di ampliamento in corso ormai da dieci anni è un simbolo di come – a parte il colpo di reni governativo di quest'anno (che peraltro riguarda un ministro come Corrado Passera, dato come in bassa fortuna nel barometro pre-elettorale del potere) – il sistema di determinazione dei pedaggi sia da rivedere. In particolare, lo è la formula in base alla quale vanno calcolati i rincari. Che non sarà un inghippo come l'ha definita quasi due anni fa Quattroruote, ma di certo protegge più i gestori che noi utenti.
Lo dimostra un fatto lampante, citato da Sergio Rizzo (coautore anche del famoso libro "La casta") nel suo ultimo "Razza stracciona", dedicato alle grandi famiglie dell'imprenditoria italiana. Spesso di spirito d'impresa è rimasto poco, perché esso implica accettare il rischio (d'impresa, appunto), mentre queste famiglie spesso si sono rifugiate in settori protetti. Tra questi, Rizzo cita quello delle autostrade.
Analizzando la formula con cui vanno determinati i rincari dei pedaggi, è difficile dargli torto.
Quando fu introdotta, la formula fu salutata come un virtuoso price cap, cioè un automatismo che premia i migliori gestori perché consente aumenti maggiori a chi investe di più sull'infrastruttura e sulla qualità del servizio. In effetti, una parte della formula è legata proprio alla qualità, intesa come indice di rugosità dell'asfalto e tasso di incidentalità (e l'introduzione del Tutor si deve anche al fatto che così si può meglio battere cassa quando si chiedono al Governo i rincari di fine anno). Ma il resto della formula è un vero paracadute per il gestore.
Infatti, tiene conto dell'inflazione reale, per cui ogni aumento dei costi viene recuperato in automatico. Conoscete molte altre imprese normali che godono di introiti proporzionali all'andamento dell'indice generale dei prezzi?
Ci sarebbe da ridire anche sulla parte legata alla qualità, perché paghiamo pure gli investimenti in corso. Questo significa che su un'autostrada ridotta a una serie di chicane da percorrere a 60 all'ora tra un cantiere e l'altro gli aumenti sono più alti (a parità di tutte le altre condizioni), perché il gestore ci sta lavorando sopra per ampliarla. Noi utenti paghiamo anche quando i lavori durano oltre dieci anni, come sta accadendo per la Torino-Milano e la variante di valico alla Bologna-Firenze. Teoricamente è anche giusto, perché spesso i gestori non riescono a completare in tempo le opere non per colpa loro: l'Italia è un Paese di montagne che franano, di appaltatori che ricorrono al Tar e di enti locali che si oppongono a qualsiasi opera passi sul loro territorio, per cui oggettivamente di certi ritardi (come accade con la Bologna-Firenze) i gestori sono le prime vittime. Ma di certi altri i gestori sono anche causa: in quale altro modo spiegare la lentezza della Torino-Milano, che corre in mezzo a una pianura facile?
In più, la formula tiene anche conto delle variazioni nei volumi di traffico (in diminuzione, negli ultimi anni, causa crisi).
Insomma, la formula dei rincari garantisce i gestori "a prescindere". Magari c'è la preoccupazione che i grandi gruppi a queste condizioni non ci stiano più ad investire (proprio quando lo Stato non ha il becco di un quattrino da mettere in un settore che richiede così tanti soldi), ma così non può andare. Sarebbe bene che qualcuno valuti caso per caso chi merita l'aumento che chiede e chi no. Il problema non è nuovo. E l'alzata di scudi governativa di quest'anno è un po' un'eccezione rispetto a una prassi di rincari concessi senza troppo sindacare. Fu anche per questo che un anno fa il Governo Monti ha istituito l'autorità dei Trasporti. Cui spetta anche vigilare sulle tariffe e che però è rimasta sulla carta. Sapete perché? i tecnici al governo hanno nominato un altro tecnico, l'alto magistrato amministrativo Pasquale De Lise, "dimenticando" che era finito nella bufera per il suo coinvolgimento in storie di corruzione (quelle della "Cricca", per intenderci). Storie su cui la parola fine dal punto di vista giudiziario è ancora di là da venire e De Lise potrebbe alla fine anche uscirne puro come un giglio, almeno dal punto di vista penale (su quello morale non è bene pronunciarsi, ma va sempre chiarito che è cosa diversa da quello che si legge nelle sentenze). E allora perché proporne la nomina alla testa di un'authority così qualificante per il Governo. Non c'era proprio nessun altro che fosse all'altezza del compito?