Alla fine, la bomba è scoppiata. Gli arresti di ieri in Piemonte, Veneto e Campania per irregolarità negli affidamenti della riscossione del bollo auto erano attesi tra gli addetti ai lavori. Da tanto tempo. Non solo perché, come scrivo da almeno una decina d’anni, in Italia avere una banca dati significa avere potere (di appaltare, di imporre le proprie condizioni a chiunque abbia bisogno dei dati eccetera). Ma anche perché poi avere i dati può consentire di mettere su sistemi tutti propri. Tanto propri che, come pare sia accaduto in questo caso, si può arrivare ad affidare senza gara un servizio importante per le casse pubbliche e i cittadini come la riscossione del bollo auto.
Tutto questo è un’ottima spiegazione del caos che regna sul bollo da 15 anni (cioè da quando le Regioni ne hanno preso in carico la gestione, sull’onda delle polemiche e dell’indignazione su decenni di gestione monopolistica Aci a contatto strettissimo col ministero delle Finanze (e fu proprio il ministro di fine anni 90, Vincenzo Visco, a far saltare il tavolo).
Il risultato di quella stagione sono regole del bollo fin troppo diverse da Regione a Regione e mancanza di un coordinamento decente tra banche dati e sistemi di riscossione. Ogni Regione ha i propri. E vai con le cartelle pazze. Come ai tempi dell’Aci. Forse anche meno, però va considerato che rispetto all’epoca la tecnologia ha fatto passi da gigante.
Ma non doveva essere tutto perfetto? Non si era dato tutto alle Regioni in nome di un federalismo che prometteva di dare il governo di tutto a centri decisionali che fossero più vicini (anche fisicamente) ai cittadini? Ricordo riunioni-fiume all’allora ministero delle Finanze, il cui direttore centrale della riscossione era un certo Attilio Befera, che all’epoca aveva sull’agenda anche temi “politicamente poco pregiati” come il bollo auto. Temi che non faranno mai cadere un Governo.
Certo, nell’operazione-federalismo si sono prodigati anche funzionari di elevata cultura giuridica e autentico spirito di servizio verso il cittadino. Ma i risultati li determina più chi ha il potere, quando il suo scopo è diverso da quello istituzionale dell’ente che guida. E questa in Italia non è un’ipotesi rara. È, credo, una delle ragioni alla base del nostro declino.
Sono cose che tra chi ha la fortuna-sfortuna di vivere da vicino le vicende si sanno. Così non mi sorpresi tre anni fa, quando cercavamo di fare un articolo dettagliato sul bollo auto e la collega Marisa Marraffino si sentì rispondere dall’assessore regionale della Campania che “il bollo non so, bisogna chiedere alla Asl”. E nessuno si è sorpreso un anno fa, quando il Tar Piemonte bocciò l’assegnazione della riscossione alla Gec (oggetto dell’inchiesta deflagrata ieri). A maggior ragione, fu normale che il Tar Veneto abbia fatto lo stesso per la sua regione la scorsa primavera, sempre con la Gec. Ora tutti possono capire che che forse le irregolarità amministrative non erano fini a se stesse.