Un lettore denuncia che non riesce a far multare un furgone troppo grande per il posto nel quale è sempre parcheggiato, intralciando il traffico. La Cassazione che assolve una vigilessa palermitana con poca voglia di fare multe, chiudendo di fatto la bocca a chi si lamenta degli agenti che restano inerti anche quando – almeno apparentemente – non hanno compiti più urgenti da svolgere. Tanti vigili che sottovoce si dicono stufi di fare sempre e solo quello che impone loro il potere politico, essendo costretti a chiudere gli occhi su tutto il resto: urge una legge di riforma della categoria che dia più autonomia agli operatori rispetto alle scarne regole attuali, che risalgono al 1986 e – guardacaso – il Parlamento non riesce ancora a cambiare nonostante anni di dibattiti in commissione (ai sindaci fa ancora comodo tenere la polizia locale quasi come un corpo personale). Infine, continuano le polemiche sui Comuni che fanno solo cassa grazie ai controlli automatici (magari senza che gli agenti controllino i fotogrammi), tanto più ora che tutte le altre fonti finanziarie si sono prosciugate: ne parleremo staserà a Ballarò.
Tutte facce della stessa, complicata medaglia del mondo della vigilanza stradale. Facce che consentono a chiunque di sollevare un problema e dimostrare che ha ragione. Sarebbe il caso di mettere da parte poteri e gelosie, per capire che cosa si può fare concretamente per la sicurezza stradale. Ma c'è di più.
Per esempio, c'è il problema della previdenza. Si sa che parte dei proventi delle multe, come prevede l'articolo 208 del Codice della strada (comma 4, lettera c), deve andare a un fondo di assistenza e previdenza integrativo della categoria. In teoria è giustissimo: se non si facesse così, il trattamento di un vigile che rischia la vita ogni giorno sarebbe uguale a quello di un impiegato qualsiasi che mette timbri in un oscuro ufficio comunale.
Ma il fatto è che la quota destinata alla previdenza cresce col tempo, man mano che si fanno accordi di rinnovo contrattuale. Solo una giusta conquista sindacale? No: a volte è un abuso (se non giuridico, quantomeno morale), perché questi "premi" poi si pattuiscono anche nei corpi di polizia locale in cui gli agenti fanno un lavoro analogo a quello degli impiegati, perché non si ritiene di impegnarli in attività davvero utili per la sicurezza stradale. Paradossalmente, i vigili di altri Comuni dove davvero si lavora tanto su strada possono ricevere trattamenti più bassi.
Non sarà il caso di mettere qualche paletto di legge, vincolando le risorse per la previdenza allo svolgimento effettivo di determinate attività?